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ANTRACE: LE DUE SCOPERTE PRINCIPALI

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Come anticipato da Wall Street Italia nei giorni scorsi, le ricerche nella lotta all’antrace fanno molti passi avanti. Nei giorni scorsi l’Università di Harvard rese noto che uno staff di ricercatori, guidato da John Collier e George Whitesides, aveva messo a punto un nuovo inibitore polivalente in grado di proteggere i topi dall’antrace.

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Oggi, insieme ai risultati ottenuti dagli scienziati di Harvard, sono state resi noti anche i risultati di un secondo gruppo di lavoro, composto da da alcuni ricercatori del Burnham Institute di La Jolla, in California.

Cerchiamo di capire quali possno essere i benefici di queste scoperte.
Il batterio dell’Antrace, spiegano gli esperti dell’Università di Harvard, crea tre proteine in grado di generare insieme la tossina.

Una di queste proteine, chiamata PA (Protective Antigen) si attacca alla superficie della cellula umana e traccia la strada alle altre due proteine, che si mettono in azione. Fino a oggi, dicono i ricercatori, nessuno sapeva come quest’operazione avvenisse esattamente. La proteina è stata battezzata con il nome di ATR, che sta per Anthrax Toxin Receptor.

Gli studiosi hanno anche scoperto, attraverso precisi esperimenti in laboratorio condotti sui topi, che una versione artificiale dell’ATR può impedire alle tossine di attaccare le cellule.
Un giorno, spiega Young, l’ATR potrà proteggere le persone che sono state esposte al contagio, anche se – ovviamente – ancora questa proteina dovrà superare i test di laboratorio per verificarne la compatibilità con l’essere umano.

I ricercatori del Burnham Institute hanno invece spiegato nei dettagli un altro dei misteri legati all’antrace: la simbiosi letale delle tre proteine. Il “lavoro” della prima proteina, dunque, sta nel tracciare la strada alle altre due proteine

Una delle due proteine, invece ha il compito di distruggere le cellule del sistema immunitario, causando la morte dei soggetti contagiati.

Secondo gli esperti, questa scoperta dovrebbe aiutare il lavoro degli scienziati a produrre delle molecole che possano aggredire questa proteina e renderla incapace di agire. In un anno, secondo le stime dei ricercatori, ci potrebbero essere importanti sviluppi, ma anche in questo caso sarà importante verificare attentamente la compatibilità di queste sostanze con l’organismo umano.