Dal nuovo minimo degli ultimi quattro anni testato a quota 1,188 dollari circa la scorsa settimana, l’euro è risalito del 4% circa e al momento oscilla attorno a 1,24 usd. Ma davvero, fanno notare alcuni analisti intervistati da Cnnmoney, bastano poche sedute di recupero per far pensare che per la moneta unica il peggio sia passato?
“The euro is still trash”: non lascia tanto spazio all’immaginazione il titolo dell’articolo pubblicato dal sito finanziario americano. E il giudizio è spiegato da una comunità di esperti più o meno ribassista sulla valuta europea. Riferendosi al forte scivolone sofferto negli ultimi mesi Andrew Busch, strategist dei rapporti di cambio globali presso Bmo Capital Markets a Chicago, precisa. “In un breve periodo di tempo siamo scesi da 1,50 (rapporto di cambio euro/dollaro) a 1,20. Considerando il quadro complessivo, davvero possiamo pensare che un rialzo del 4% possa avere importanza, dopo un deprezzamento del 20%?”.
Scettico sulle reali possibilità di recupero della valuta europea è anche Vassili Serebriakov, strategist dei cambi di Wells Fargo a New York. “Ci sarà forse una qualche maggiore stabilità sui mercati dei debiti sovrani. Ma non ritengo che questa sia una fase di ripresa per l’euro”.
E di nuovo Busch. “L’Europa dovrà far fronte a gravi problemi strutturali per un periodo di tempo lungo”. E nei timori dell’analista compare inoltre anche la voce Italia, inclusa nella ben nota sigla dei Piigs.
Certo, l’esperto riconosce il successo relativo che le aste dei bond spagnoli hanno ottenuto nella giornata di ieri. Ma, come riporta testualmente il Cnnmoney, Busch afferma anche che “i problemi a cui devono fare fronte il Portogallo, l’Irlanda, l’Italia, la Grecia e la Spagna sono ben lontani dall’essersi risolti”. Ergo, “è probabile che alla fine l’euro tornerà a scivolare contro il dollaro”.
Ora, forse la buona notizia è che gli esperti non si aspettano una caduta veloce e drammatica come in passato. Di ciò parla per esempio Michael Woolfolk, senior strategist del mercato dei cambi presso Bank of New York Mellon di New York. Woolfolk fa riferimento in particolare a un “limite alla velocità nel deprezzamento delle valute” e al fatto che sia “raro che in un periodo di tempo di 12 mesi la flessione sia superiore al 20%”.
Detto questo, il collega Serebriakov sottolinea che “forse l’euro subirà una flssione più ordinata. Ma si tratterà in ogni caso di una flessione, in quanto non c’è un modo veloce per sostenere la moneta”.
Lo stesso Busch puntualizza poi che, “se coloro che gestiscono le riserve usciranno allo scoperto come ha fatto la Russia e parleranno della possibilità di ridurre l’esposizione verso la moneta unica, allora le cose per il Vecchio Continente si metteranno male”.
Una consolazione arriva da Woolfolk. Se l’euro non se la passa bene, di certo non si può dire che le prospettive del dollaro siano alla fine così rosee. “I fondamentali dell’economia degli Stati Uniti lasciano pensare. La Fed non ha alzato ancora i tassi di interesse e in Europa i tassi sono dunque più alti dei nostri. Sarebbe di conseguenza prematuro essere eccessivamente rialzisti sul dollaro”.