*Dario Bianchi e’ il Managing Director di Capitalife, Inc. www.capitalife.com. Il commento che segue, incentrato sull’andamento della Borsa Usa, dei tassi d’interesse, del mercato immobiliare e le indicazioni di asset allocation, non implicano responsabilita’ alcuna per Wall Street Italia, che notoriamente non svolge alcuna attivita’ di trading e pubblica tali indicazioni a puro scopo informativo. Si prega di leggere, a questo proposito, il disclaimer ufficiale di WSI.
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(WSI) – E’ tempo di cambiamenti dirompenti sui mercati finanziari internazionali.
In questo momento il dollaro ha raggiunto i minimi storici contro l’Euro. Non si vedevano cambi di questo genere dagli anni ’70, quando Nixon separò il golden standard dal dollaro.
Nel lontano 1972 l’oro veniva quotato $32 per oncia. Se oggi tutte le valute fossero legate ad un “hard asset” come l’oro, o l’argento, la maggior parte dei paesi non dovrebbe fare continuo ricorso alla creazione di carta moneta, ed i problemi monetari sarebbero complessivamente e globalmente più gestibili.
Il valore di ogni moneta sarebbe solido, la speculazione non intaccherebbe le valute con l’attuale intensità e si eviterebbe un’eccessiva espansione della massa monetaria. In aggiunta, i governi non avrebbero a disposizione leve finanziarie e non spenderebbero più fondi di quelli realmente disponibili. Il risultato sarebbe una tassazione più bassa ed equa, ed un risparmio più alto.
Dobbiamo assumere che, non avendo esercitato tale disciplina monetaria negli ultimi 30 anni, il governo degli Stati Uniti e quelli Europei difficilmente la applicheranno in futuro. Se il crescente debito degli USA ed il deficit corrente continueranno sugli attuali livelli, il sistema di cambi che oggi conosciamo verrà distrutto. Quanto tempo è necessario prima che questo accada? Difficile dirlo con precisione, ma dobbiamo essere consapevoli che, in assenza di accurate scelte di politica economica, nei prossimi due anni assisteremo ad una serie di sconvolgimenti sui mercati finanziari che ci ricorderanno la “Great Depression” degli anni 30.
Il dilemma del Real Estate
In un recente articolo, The Economist riporta che “negli ultimi tre anni il valore totale del real estate residenziale nei paesi industrializzati, ha avuto un incremento da un valore totale di circa $20,000 miliardi, ad uno approssimativo di $60,000 miliardi. Anche se ciò è in parte dovuto al declino del dollaro, è pur sempre il doppio dell’incremento di $10,000 miliardi, che avvenne dal 1999 al 2000 con l’esplosione del mercato azionario. E’ questa la più grande bolla della storia?” Questo articolo ci fa capire come l’economia si sia sostenuta dal 2000 ad oggi.
Prendendo come riferimento i principali indicatori real estate per queste previsioni economiche, vediamo come lo scenario può evolvere. Vari fattori portano a ritenere che nel 2005 e 2006, in alcune zone degli USA (East Coast and West Coast) ed alcuni paesi Europei (Inghilterra, Italia, Spagna, Olanda e Irlanda), centinaia di migliaia di persone non avranno fondi a sufficienza per pagare i mutui, specialmente quelli legati ai tassi a breve ed all’inflazione (in USA chiamati ARM’s). Questo porterà ad una riduzione del valore del real estate residenziale.
Difficile prevedere le proporzioni di tale fenomeno: se il prezzo delle case diminuirà fino ad un 10%, la riduzione sarà ordinata e l’economia potrà sopravvivere e progredire.
Se il prezzo scenderà dal 20% al 25%, potremo assistere, analogamente a quanto successe all’inizio degli anni ’90, a proprietari che abbandonano le loro case alle banche. A questo punto un intervento governativo si renderà necessario. Ricordate la Resolution Trust Corporation, quando il salvataggio del governo americano era costato all’erario circa 500 miliardi di dollari? Se questo scenario dovesse ripetersi, in USA ci vorranno dai $700 miliardi ai $1.000 miliardi (un bilione) di denaro fresco per prevenire il collasso di molte banche.
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Il paragone potrebbe essere il mercato immobiliare Giapponese dal 1991 al 2003. Dove è possibile trovare una somma di questo tipo? D’accordo, qualche investitore straniero, visti i prezzi molto bassi, comprerà real estate in USA, ma la maggioranza verrà dal governo federale che dovra’ ricorrere all’emissione di Treasury Bonds.
A questo punto chiediamoci chi comprerà gli US Treasury Bonds per finanziare il deficit federale, considerando il contemporaneo deficit statale, delle società private, dei singoli individui e, soprattutto, una capacità di risparmio praticamente inesistente? I cinesi, o forse i giapponesi? E per quanto tempo? A quale costo? Dove andranno a finire i prezzi delle commodities? Continueranno ad essere trattati in dollari? Cosa farà l’OPEC? Potrebbe decidere domani di convertire il prezzo dai dollari agli Euro, oppure in un basket di valute che comprende il dollaro, l’euro e lo yen. Cosa farà la Russia? Contratti di gas naturale in Euro?
Se il governo USA non diminuisce il proprio deficit corrente e riduce il debito che ha raggiunto $8.000 miliardi, si puo’ essere certi che avremo inflazione e stagnazione allo stesso tempo.
In ogni caso la nostra opinione e’ che il prezzo dell’oro andrà a $500 per oncia prima della fine del 2005. E i tassi di interesse a breve (federal funds) saranno tra il 3.5% ed il 3.75% alla fine del 2005.
Asset allocation
Nello scenario di cui sopra ogni investitore dovrebbe essere preparato da tempo a diversificare in valute. Il nostro model portfolio è dinamico ed attualmente strutturato come segue: 40% in dollari US, il resto in Euro, Sterlina Inglese, Dollaro Australiano, Dollaro Canadese.
Per quanto riguarda l’asset allocation il nostro model portfolio è il seguente:
10% cash o money market
7% azioni di miniere di oro e argento, certificati di investimento in oro (Perth Mint Certificate), fondi che investono in oro, e monete d’oro
33% in azioni di vario tipo (Life Sciences al 40%) e mutual funds
20% in mercati esteri ed emergenti attraverso fondi di investimento
30% in obbligazioni a breve termine (3 anni) in differenti valute, con rating A o superiore.
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