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(WSI) –
Dopo aver viaggiato in coppia per quasi tutto il 2006, il mercato obbligazionario e quello azionario iniziano a divergere. Ma potrebbe non durare: in gennaio l’indice azionario S&P500 ha guadagnato l’1,4%, mentre il Dow Jones Stoxx600 Europe è cresciuto di due punti percentuali. Al contrario i rendimenti sul reddito fisso, nello stesso mese, sono in rosso: i bond del Regno Unito, con maturità superiore a un anno, perdono l’1,5%, le obbligazioni dell’area euro sono negative di uno 0,4% e i contratti future Usa sul debito a lunga scadenza sono sotto di un punto.
È come se il mercato obbligazionario stesse riscoprendo le ragioni per cui alzare la soglia d’allarme. Il rischio bolla sul mercato immobiliare americano e il crollo dei consumi negli shopping mall, per esempio, sono due fenomeni troppo sottovalutati dal consumatore americano. In tutto questo, l’economia americana è più in salute di quanto gli economisti avessero previsto: nel quarto trimestre il Pil Usa ha registrato un incremento del 3,5%, contro stime del 3% e rispetto alla crescita solo del 2% nel terzo trimestre.
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Per l’esperto economista di Abn Amro, Tim Drayson, «la battaglia tra bond e equity sembra andare a vantaggio dell’azionario». Opinione rafforzata dalle ultime esternazioni della Fed sull’andamento dell’economia, molto più ottimistiche rispetto a dicembre. È dunque la fine del periodo d’oro dei bond? Non sembra, visto che i governi continuano a inondare il mercato di obbligazioni a lunga scadenza come i trentennali: Germania, Grecia, Austria, Olanda, Francia, Turchia e Italia hanno venduto 24 miliardi di dollari di trentennali solo a gennaio. Il Giappone ne ha piazzati altri 5 miliardi e la Francia ha emesso anche un cinquantennale da 1,6 miliardi. Forse la fase recessiva è meno lontana di quanto si creda.
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