Economia

Allarme Confcommercio: un negozio su quattro rischia la chiusura

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Il misure di lockdown decise per far fronte all’emergenza Covid-19 pesano come un macigno sul commercio al dettaglio. Secondo l’Ufficio studi della Confcommercio milanese, sulla base di una ripartenza dal 18 maggio, a Milano, Monza Brianza e Lodi, i negozi, ora chiusi per l’emergenza Covid-19, nell’intero 2020, “pagheranno un conto pesantissimo con una perdita di 4,9 miliardi di euro del volume d’affari: – 40% rispetto a una situazione di normalità. 4,2 miliardi soltanto a Milano e Città Metropolitana”.

Per avere un parziale ritorno a uno scenario di mercato meno drammatico ipotizza che bisognerà aspettare fine anno.

“Le attività commerciali al dettaglio completamente ferme sono oltre 22mila 700 per 123mila addetti. Sono più di 42.300 i lavoratori già stimati in cassa integrazione. Particolarmente grave la situazione delle aziende più piccole, fino a 9 dipendenti – molte sono imprese familiari – che costituiscono il 65% del totale delle attività commerciali chiuse a Milano, Monza Brianza e Lodi.
Con il quadro di riferimento ad oggi prevedibile di ripresa dell’attività la caduta del loro reddito quest’anno sarà quasi del 60% ed è molto elevato il rischio di cessazione definitiva dell’attività. Senza interventi di sostegno concreti, rapidi ed efficaci Confcommercio Milano stima almeno il 25% di chiusure: 3.700 imprese”.

Marco Barbieri, segretario generale di Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza parla senza remore:

“I danni per l’emergenza Covid-19 stanno diventando drammatici. Le nostre imprese hanno bisogno di soldi veri per compensare le perdite e ripartire in sicurezza – dichiara – occorre passare dagli annunci e le promesse ai fatti: indennizzi e contributi a fondo perduto, credito a burocrazia zero, moratoria fiscale per tutto l’anno, estensione del credito d’imposta anche ai contratti d’affitto d’azienda o di ramo d’azienda”.

Allo stesso tempo, l’organizzazione delle imprese del commercio, turismo e servizi bolla come del tutto insufficienti le misure messe in campo finora per le imprese e il lavoro autonomo per far fronte all’emergenza Covid-19.

Sulla base di un sondaggio effettuato tra  1.752 fra imprese e attività professionali dal 30 aprile al 3 maggio, emerge infatti una sproporzione assoluta fra il danno economico subito con il lockdown e le risorse finora stanziate (e in moltissimi casi non ancora arrivate).

Il 55% delle imprese del commercio, del turismo e dei servizi ha fatto ricorso alla cassa integrazione, in particolare nel turismo/ristorazione (70%), ma nel 95% dei casi i dipendenti non hanno ancora ricevuto i soldi.

A conferma della debolezza delle vendite al dettaglio, oggi l’Istat ha reso noto per il mese di marzo una flessione pari al 20,5% in valore ed al 21,3% in volume. A determinare l’eccezionale calo sono le vendite dei beni non alimentari, che sono diminuiti del 36,0% in valore e del 36,5% in volume, mentre quelle dei beni alimentari sono stazionarie in valore e in lieve diminuzione in volume (-0,4%).