Società

ALLA BORSA DEL CENTRODESTRA SI VALUTA IL PREMIER

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La moratoria Calderoli non ha funzionato. Dopo che l’altroieri autorevoli esponenti del centrodestra avevano speso la giornata a esercitarsi sulle ipotesi di successione a Berlusconi (meglio Casini, no meglio Fini), il vicepresidente leghista del Senato aveva provato a piantare il paletto: «Di cosa stiamo parlando? Se si faranno le riforme il leader resterà Berlusconi». Come non detto.

Ieri l’esercizio è ricominciato: «Di Berlusconi e Tremonti mi fido sempre meno», ha detto Alessandro Cè parlando della finanziaria, «e a loro dico che così non si può più andare avanti. La responsabilità, forte, di come stanno andando le cose nel governo e nella maggioranza, ricade necessariamente su Berlusconi, che deve riprendere in mano la coalizione».

Accuse esplicite, ingigantite dal fatto che in mattinata, ai microfoni di RadioPadania, Umberto Bossi si era cimentato a sua volta sul dopo Berlusconi: «Non penso proprio che una maggioranza che veda come leader Gianfranco Fini possa vincere le elezioni».

Il dibattito, sono in molti a riconoscerlo nella maggioranza, è surreale. Anche tenendo ben in vista i canovacci del famigerato teatrino, risulta difficile comprendere un tale accanimento sugli scenari futuri di successione in una fase molto delicata per il governo e per la Cdl, alla vigilia della Conferenza intergovernativa, a poche settimane da un probabile rimpasto di governo, e in piena contemporaneità con gli impegni europei del premier, che è volato a Parigi per partecipare al vertice straordinario del partito popolare europeo sui nodi della Costituzione europea. Surreale, quindi, a meno di non leggere l’improvvisa esuberanza leghista, i sommovimenti centristi e le sponde offerte alla discussione persino dentro Forza Italia da Renato Schifani (tendenza casiniana) con una chiave diversa, quella di Palazzo.

La verità è che, dopo il malore che la scorsa settimana ha costretto Berlusconi a rinunciare al suo viaggio in India, una parte del mondo politico sembra convinta che il premier non stia bene e già specula sugli effetti che il suo stato di salute potrà avere sugli sviluppi futuri. Ma di questo scenario, per giorni alimentato dai rumours, all’opinione pubblica è finora arrivata solo la seconda parte, il dibattito appunto surreale sul passaggio di testimone; mentre poco o nulla è trapelato sulle reali condizioni di salute del premier.

La tesi dell’aggravamento, secondo fonti vicine al premier, sarebbero del tutto privo di fondamento. Lo svenimento nel corso dell’ultimo consiglio dei ministri, dicono, è stato solo un banalissimo malore («ma ne abbiamo sentite di ogni tipo, che Berlusconi ha vomitato, che è caduto sbattendo la testa, che è uscito da palazzo Chigi in barella»), ora completamente superato.

L’agitazione di molti nascerebbe da un equivoco: nel fine settimana il premier è stato al San Raffaele di Milano non per operarsi d’urgenza, come sostiene una robusta vulgata, ma per visitare una persona a lui cara ricoverata in quell’istituto. Quanto a Casini, il più gettonato tra gli ereditieri politici, ha avuto modo di incontrare Berlusconi, traendone due convinzioni: che non esiste un allarme salute e che il barometro del feeling col premier segna al rialzo (perché Schifani può pure straparlare, comunque non a vanvera). Ma, nonostante agenda e smentite, restano le voci sui problemi del Cavaliere. Sarà bene tenere presente i sottotitoli, alla prossima discussione di scenario.

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