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ALL’ INSEGUIMENTO DEL DOLLARO BASSO

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(WSI) – Pechino, per bocca del vicegovernatore della Banca Centrale, Li Ruougu, ha risposto a Bush che non intende dare ascolto alla richiesta di rivalutare il remimbi rispetto al dollaro, perché non si tratta di un problema cinese, ma di un problema degli Stati Uniti. Ogni volta che gli Usa hanno un problema, afferma Li Ruougu, anziché cercare di risolverlo per conto proprio, pretendono di scaricarlo sugli altri. Washington cerchi di risolvere la questione del dollaro debole, non pretenda di addossarla a Pechino.

La Cina, prosegue il vice governatore, sta liberalizzando gradualmente la sua valuta e ciò ne farà salire gradualmente il cambio. Quando però si esercitano pressioni, per una accelerazione di tale trend, ciò genera stress e il trend si blocca, perché i cinesi non possono agire sotto stress.

Si tratta di una replica orgogliosa, da parte della classe dirigente di un paese di oltre un miliardo di abitanti, che sta registrando una crescita del prodotto nazionale dell’otto-dieci per cento annuo, fra enormi contraddizioni sociali.

Il governo di Pechino teme che la situazione sociale gli possa sfuggire di mano, ha bisogno di una crescita sostenuta per reggerla ed anche se la bilancia dei pagamenti cinese è in surplus verso gli Usa per 160 miliardi di dollari, continua a manovrare la valuta, tenendola agganciata al dollaro. I paesi industriali asiatici prendono intanto le loro contromisure.

La Boj, la Banca Centrale del Giappone compra sistematicamente dollari, per tenere lo yen basso: non lo fa solo per evitare di perdere competitività con gli Usa, ma anche per non trovarsi vittima del dumping cinese che, per i vicini di casa, è particolarmente incisivo.

Ora Lee Hun-jai, ministro delle Finanze della Corea del Sud ha chiesto a Park Seung, governatore della Bok, la Banca della Corea, di comprare dollari, vendendo won, per evitare un danno all’economia coreana: che, anche in questo caso, sarebbe determinato dalla concorrenza artificiosa dei cinesi, tramite il deprezzamento continuo del remimbi, agganciato al dollaro. Con un effetto domino, le principali monete asiatiche seguono il dollaro, dando vita a una situazione che, per l’euro, è sempre più estranea alla logica economica.

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