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ALITALIA, TEMPI DI SCALATA O DI OPA?

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(WSI) – Questa per Alitalia sembra la
volta buona. Chiuso l’accordo con
il sindacato bancario di garanzia
guidato da Deutsche Bank – controvalore
di circa 517 milioni di euro
– e incassato il via libera del ministero
del Tesoro alla ricapitalizzazione
da 1,01 miliardi di dollari
per un controvalore di circa 490
milioni di euro, è partito il tanto atteso
aumento di capitale di Alitalia.

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Con una connotazione profondamente
diversa dai precedenti,
nel 1998 per 1,4 miliardi di euro e
nel 2002 per 1 miliardo di euro.
Questa volta non solo la compagnia
di bandiera verrà dotata di
mezzi freschi per far fronte al nuovo
piano industriale presentato da
Giancarlo Cimoli il 19 ottobre
scorso ma vedrà anche il Tesoro
scendere dall’attuale 62,3% a una
quota inferiore al 50% dell’intero
capitale sociale del vettore nazionale.

In altre parole, considerando
anche l’assenza di golden share,
Alitalia verrà privatizzata secondo
le disposizioni di Bruxelles.
La dinamica fortemente ribassista
dei corsi azionari del titolo nei
giorni successivi all’avvio
dell’operazione
straordinaria (ieri
ha perso un
altro 6,8%
scendendo sotto un euro per azione)
non deve essere considerata
come una bocciatura da parte del
mercato. La struttura stessa dell’operazione,
infatti, prevedendo l’emissione
di 13 nuove azioni ogni 2
azioni già possedute – oppure ogni
60 obbligazioni convertibili possedute
– a un prezzo di 0,80 euro ciascuna
ha posto le condizioni perché
sul mercato si innescassero
inevitabili operazioni di arbitraggio.

È la regola di ogni mercato efficiente
e non deve sorprendere se
i prezzi, con l’avvicinarsi del termine
dell’operazione – 2 dicembre
2005 – tenderanno sempre più ad
allinearsi a questo prezzo.
Ma quale sarà il reale destino di
Alitalia, ormai priva dell’esclusività
nazionale? Una prima considerazione
tecnica. Se, come molti prevedono,
l’accoglienza da parte dei risparmiatori
di questo aumento di
capitale sarà molto tiepida, il consorzio
bancario di garanzia si troverà
sul groppone circa mille miliardi
di vecchie lire in azioni Alitalia.

Una cifra troppo elevata per
non pensare che siano state studiate
vie d’uscita alternative per smobilizzarle
in tempi molto brevi. Ma
come? Una possibile strada potrebbe
essere quella di agevolare un’Opa
da parte di qualche imprenditore
italiano interessato a prendere la
gestione di Alitalia. Tra i possibili
compratori c’è già chi azzarda dei
nomi. Carlo De Benedetti e la sua
M&C ad esempio. Alitalia potrebbe
rappresentare il primo dossier di
questo ambizioso fondo nato con
l’obiettivo di investire proprio in
aziende italiane in difficoltà. Ma
questa non è la sola possibilità.
Se a vantaggio dell’ipotesi di
uno scalatore privato ci sono le operazioni
di architettura finanziaria
compiute da Cimoli, restano anche
in piedi vecchie soluzioni mai tramontate.

Nell’ultima fase, dopo la
riorganizzazione di Alitalia in Az
Fly e Az servizi, Cimoli ha ceduto a
Fintecna l’usufrutto del 2 per cento
di Az servizi. Questo gli ha permesso
di deconsolidare Az Servizi da
Az Fly per cederla di fatto alla stessa
Fintecna che darebbe in dote, all’ipotetico
scalatore, una società
snella, focalizzata sul trasporto aereo
e con una dotazione patrimoniale
sufficiente per avviare una riconversione
del modello di business.
In questo caso il modello di riferimento
sarebbe la spagnola Iberia.

Abbandono dell’«hub and
spoke» per puntare al più remunerativo
«point to point» sulle rotte intercontinentali
dove Alitalia detiene,
in virtù di accordi bilaterali tra i
vari paesi, l’esclusiva su alcuni corridoi.
Un «success case», da cui trarre
ispirazione, è sicuramente il volo
della Delta Airlines che ogni giorno
parte dall’aeroporto di Venezia con
destinazione New York JFK.

Ma, tra gli addetti ai lavori, si fa
notare come la ristrutturazione avviata
in Alitalia corrisponde esattamente
alle richieste fatte due anni
fa dal duo Air France-Klm per
estendere la loro partnership societaria
alla ex compagnia di bandiera
italiana. In tal senso andrebbe letta
la scelta di Air France di partecipare
pro-quota all’aumento di capitale
varato da Alitalia. Sull’argomento
è intervenuto lo stesso numero
uno di Air France, Jean Cyril Spinetta,
il quale non ha esitato a mettere
mano al portafogli poggiando
sul tavolo i 20 milioni di euro necessari
per mantenere il suo 2% di
Alitalia. Un segno tutt’altro che
marginale visto l’andamento del
settore del trasporto aereo. Anche
in questo caso le banche potrebbero
smobilizzare velocemente il loro
investimento favorendo una fusione
con il colosso francese in
tempi brevi e che porterebbe il ministero
del Tesoro italiano a possedere
una quota significativa della
più importante compagnia europea
di trasporto aereo.

Tutte ipotesi plausibili ma che
dovranno inevitabilmente fare i
conti con la variabile politica.
Con le elezioni alle porte è facile
immaginare come ogni decisione
verrà rinviata al nuovo esecutivo
e forse a un nuovo amministratore
delegato. Una sola cosa è certa:
il destino di Alitalia è ormai segnato.
Prima dell’estate 2006 sapremo
quale sarà.

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VA A RUBA L’AUMENTO DI ALITALIA MENTRE IL TITOLO E’ SOTTO QUOTA 1

di Francesco Nati

Boom di adesioni all’aumento di capitale Alitalia, che potrebbe fare il tutto esaurito. Secondo quanto risulta a Finanza & Mercati, le prime stime degli operatori stanno registrando una domanda molto forte. Specie da parte degli investitori istituzionali esteri, le richieste dei quali avrebbero ampiamente superato l’offerta. Dopo il tonfo della vigilia, la giornata di ieri ha visto il forte rimbalzo in Borsa dei diritti per l’aumento di capitale.

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Quelli relativi alle azioni hanno guadagnato il 30,17% attestandosi a 0,6425 euro, mentre i diritti legati alle obbligazioni (che nella serata di ieri il ministero dell’Economia ha ceduto per 50 cent) hanno guadagnato il 25% a 0,025 euro. Continua invece a scendere il titolo in Borsa, che ieri ha chiuso la seduta in flessione del 6,74% a 0,97 euro. Ribasso che tuttavia non stupisce: gli operatori considerano infatti normale che la quotazione si avvicini progressivamente al prezzo di 0,80 euro fissato dall’aumento.

Ciò che stupisce è invece l’intervento a gamba tesa di Citigroup (rimasta fuori dall’architettura del collocamento), che lunedì ha ridotto a 0,4 euro il target, dando un ulteriore colpo alle quotazioni. Un downgrade guardato con sospetto da alcuni attenti operatori. «È curioso che la banca abbia deciso di intervenire così pesantemente proprio in questo momento – spiega un operatore a F&M – mentre non ha detto nulla quando, fino a pochi giorni fa, il titolo valeva tra 1,6 e 2 euro».

Intanto, a confermare il successo dell’operazione è anche il numero uno di Air France-Klm, Jean Spinetta, che ieri, dopo aver festeggiato il buon andamento del primo semestre (utile di 829 milioni) ha annunciato l’adesione all’aumento con un investimento di 20 milioni di euro. «La ricapitalizzazione sta avendo un grande successo grazie all’underwriting da parte di Deutsche Bank e Banca Intesa – ha detto il manager – manterremo la nostra quota del 2%».

Anche l’Ue è ottimista. «Non ho motivi per ritenere che Alitalia non rispetterà gli impegni nell’ambito del piano di ristrutturazione», ha dichiarato nel pomeriggio il commissario ai Trasporti, Jacques Barrot. Mentre per il sottosegretario all’Economia, Michele Vietti, il management della compagnia «ha fatto il proprio dovere. Il mercato, nel medio termine, lo apprezzerà».

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