Sulla vicenda Alitalia il governo ha commesso un brutto errore. L’azienda aveva deciso di portare da quattro a tre unità il “team” degli assistenti di volo sulle sue tratte nazionali, per ridurre le perdite. Che sono notevoli e non solo per fattori congiunturali: c’erano anche negli anni buoni, e anche per effetto dei no di Bruxelles riparati dalla Corte di giustizia quando il guaio era fatto. Il personale, con scarsa lungimiranza (altrove analoghi tagli sono recepiti come inevitabili, per rimanere sul mercato) ha annunciato scioperi ma intanto si è dato malato in migliaia di unità, mettendo a terra centinaia di voli, “sequestrando” migliaia di passeggeri e aggirando così le norme sui preavvisi di sciopero nei pubblici servizi. Il management dell’Alitalia stava accettando la sfida, convinto che la riduzione sarebbe stata accettata, in quanto necessaria, e oltretutto giustamente convinto che non si piega la testa di fronte alla frode. Ma il governo, che ancora controlla l’impresa, ha ingiunto alla compagnia di ripristinare le quattro unità. E’ una decisione pessima sotto tutti i punti di vista. Smentire il management di una impresa pubblica, costringendolo a non tagliare i costi, è un incentivo alle perdite. E’ un pericoloso precedente che riduce l’autorevolezza del vertice aziendale e lo demotiva. Inoltre, il governo si piega a un’agitazione spuria, a certificati medici compiacenti. Che da oggi faranno scuola, nei servizi pubblici. Anni fa l’allora Presidente della Repubblica Pertini intervenne assecondando i controllori di volo, per far cessare le loro agitazioni. Molti lodarono quell’intervento. In seguito, constatando il danno che tale interferenza aveva generato nel settore, divenuto meno efficiente, la popolarità si rivelò un grave abbaglio. E ora lo si ricorda negativamente. Che poi un passo analogo venga da un governo fautore del mercato, è un errore doppio. Nessuno immagina un governo italiano come Reagan, che i controllori di volo li fece licenziare. Ma chi per primo capirà che i passeggeri non ne possono più, che le imprese esistono per produrre risultati e non per fare beneficenza, e che lo Stato non deve affatto essere un padrone meno efficiente del privato, sarà benemerito.
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