* Fabrizio Tedeschi e´ editorialista di Panorama Economy. Consulente di grandi banche e gruppi finanziari, per otto anni e´ stato responsabile della Divisione Intermediari della Consob a Milano.
In questo caso non si può parlare di conti artefatti o di buchi di
bilancio dolosamente occultati. Perché in Alitalia non ci sono
finanzieri lattai alla guida: l’azionista di riferimento è il ministero
dell’Economia, cioè lo Stato. E per le obbligazioni emesse dalla
compagnia di bandiera italiana c’è perfino un prospetto regolarmente
depositato all’archivio prospetti della Consob (n. 6322).
Certo manca un rating, ma visto che il giudizio sul «merito di credito»
lo aveva anche Parmalat, sulla faccenda si può tranquillamente
sorvolare. Ma chi ha investito in bond dell’Alitalia di Giuseppe Bonomi ora ha paura di perdere il proprio denaro e non sa a che
santo votarsi. E teme ancora di più dopo l’appello del presidente del
Sanpaolo Imi, Rainer Masera, che ha invitato i suoi collaboratori a
informare gli investitori in bond Alitalia delle difficoltà della
società e di dare conto in maniera tempestiva di tutte le posizioni
critiche che i correntisti del gruppo torinese hanno in portafoglio.
Ma loro, gli obbligazionisti, a chi possono chiedere conto? È difficile
questa volta puntare il dito su chi ha collocato strumenti finanziari
Alitalia, che ha come azionista di maggioranza un ministero che vigila
sui controllori del mercato finanziario e che, in altre circostanze, è
stato il più sollecito a denunciare le situazioni prefallimentari di
alcuni gruppi. Deve chiedere alla compagnia e ai suoi manager? Se i
conti, pur nel dissesto gestionale, sono tecnicamente in ordine e se il
prospetto dei bond fotografa la situazione aziendale, non c’è proprio
via di scampo per l’investitore: disponeva di tutti gli elementi di
conoscenza dello strumento finanziario che andava ad acquistare.
Certo, tutte le dichiarazioni di politici e manager sull’avvenire
dell’Alitalia (privatizzazione, fusioni, joint venture e così via) non
hanno contribuito a fare chiarezza. Ma né la Consob né la magistratura
hanno aperto indagini e quindi si deve ritenere che si sia agito nel
rispetto delle regole. Che fare, quindi? Vendere i titoli, sopportando
una perdita ingente di capitale, o tenere duro e soffrire? È difficile
per il momento pensare di fare di più.
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