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ALITALIA: FATELA FALLIRE, PLEASE 2)

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Blocchi di aeroporti, strade e uffici della compagnia di bandiera; sindacalisti costretti a inseguire i propri iscritti nel disperato tentativo di convincerli a tornare al lavoro. E poi la precettazione del prefetto di Roma, che, anziché riportare l’ordine nell’aeroporto di Fiumicino, esaspera ancor di più gli animi. E’ passato così, il primo giorno di “tregua” su Alitalia. Tre giorni di riflessione prima della trattativa finale di lunedì tra governo, azienda e sindacati.

Gli eventi degli ultimi giorni riportano il paese ai giorni caldi di fine gennaio quando nei depositi milanesi di tram e autobus, la base ricusava gli accordi dei loro rappresentanti sindacali e teneva in ostaggio una città. Eppure nella nottata di ieri a Palazzi Chigi erano state ben nove le sigle sindacali – in rappresentanza di tutte le categorie di lavoratori che operano in Alitalia – ad accettare la proposta di Gianfranco Fini: rivedersi lunedì per una no stop di 48 ore e consegnare giovedì al cda Alitalia una possibile soluzione.

Ancora una volta, “la base” non ci ha creduto e ha bloccato il traffico aereo in tutta Italia, a cominciare da Fiumicino, dove persino gli uffici della Magliana e i centri di controllo sono stati bloccati, lasciando tra l’altro equipaggi Alitalia sparsi in giro per il mondo senza un minimo di assistenza. In azienda hanno fatto i conti dei danni: tra i 30-40 milioni di euro persi negli ultimi tre giorni, 1.300 voli cancellati e tra i 150 e i 160 mila passeggeri in meno.

Tra le obiezioni che i dirigenti sindacali si sono visti fare nelle improvvisate quanto inutili assemblee di ieri, particolarmente ricorrente quella politica: ovvero la posizione di Fini, deciso al salvataggio di Alitalia, non è quella di Tremonti, e comunque non è sicuro trattare con una controparte ondivaga. Evidentemente non ha rassicurato la dichiarazione del ministro Gianni Alemanno fatta in mattinata: «Abbiamo fatto cambiare tanti no di Tremonti, faremo cambiare anche questo».

E inizia ad esserci anche qualche attrito tra le varie categorie: i meno rappresentati tra gli scioperanti sono i piloti, sia per la maggior sindacalizzazione, sia perché sono quelli che rischiano meno, a giudicare dalle prime anticipazioni del possibile accordo che si andrà a negoziare da lunedì. Inferocito invece il personale di terra, che rischia molto, non tanto per gli esuberi (sarebbero in ulteriore riduzione a 300-500 rispetto ai mille preventivati qualche giorno fa), ma per lo spettro dell’outsourcing, che invece dovrebbe essere esteso ad un numero maggiore di persone rispetto ai 2000 previsti.

Tra i proclami bellicosi di chi sembra deciso a ignorare la precettazione e la commissione di Garanzia che annuncia multe fino a 500 euro per gli “irriducibili”, la stessa trattativa di lunedì assume dei contorni surreali: la decina di sigle sindacali che si siederà al tavolo non potrà ignorare la clamorosa crisi di rappresentatività e il governo dovrà chiarire fino a che prezzo è disposto a pagare per salvare l’Alitalia. Il rischio è che, anche qualora la determinazione a trovare un accordo dovesse prevalere, ogni decisione potrebbe essere rovesciata da una delle due parti per mancanza di consenso interno.

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