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ALERT: «L’ECONOMIA AMERICANA SI FERMERA’»

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(WSI) –
L’evento principale della settimana è l’ennesima caduta verticale del dollaro. Sospinto da rinnovati timori circa la tenuta dell’economia e l’affidabilità del credito ipotecario Usa, il biglietto verde ha rotto gli ormeggi, infrangendo il muro di 1,40 contro euro e raggiungendo la parità contro il dollaro canadese.
A questo punto urge rispondere a parecchie domande: vedremo il dollaro a 1,50? L’oro salirà a quota 900? Che cosa alimenta la corsa del petrolio nonostante il brusco indebolimento della congiuntura americana? È possibile capirci qualcosa?
B&F ne ha parlato con Paul Horne, che non solo è un grande cultore delle discipline economiche, ma è anche una persona assai fortunata. Inizia la carriera come corrispondente del Times da Roma, in seguito passa a lavorare per la Smith Barney, ramo banche d’affari. Si trasferisce a Parigi nel 1975, poi a Londra, poi di nuovo a Parigi. Diventa il capo economista per l’Europa quando la Smith Barney viene assorbita dalla Citigroup. Oggi, consulente privato, vive sei mesi l’anno a Parigi in un bell’appartamento affacciato sulla Senna in Quai de Montebello, a pochi metri da Notre Dame. Gli altri sei mesi li spende negli Stati Uniti fra Washington e New York. Insomma, un uomo che «pendola» fra le due sponde dell’Atlantico: il candidato ideale per decifrare i movimenti di capitale che muovono dall’America verso l’Europa.

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Mr. Horne, lei vive un po’ al di là e un po’ al di qua dell’Oceano. Direbbe che il Vecchio Continente è diventato caro, ora che la moneta unica ha superato la soglia di 1,40?
Direi carissimo. Voglio raccontarle qualche aneddoto. Ho un appartamento a Parigi, che di tanto in tanto affitto ad amici americani. Ebbene, proprio ieri arriva un nuovo inquilino. Mi telefona perché ha qualche problema con la caldaia. Si parla del più e del meno, e mi confessa di essere rimasto di sasso di fronte al livello dei prezzi nella capitale francese. E ne vuole sapere un’altra?

Dica pure.
A dicembre deve arrivarne un altro. Sottolineo a dicembre, non a ottobre. Ciononostante, ieri trovo nella casella postale il suo assegno accompagnato da un bigliettino che recitava grossomodo così: Paul, eccoti i tuoi soldi; te li do adesso perché tra un paio di mesi chissà dove finirà il dollaro… Non male.
Io credo che questo piccolo esempio fornisca il paradigma di quanto sta avvenendo a livello aggregato.

Ossia?
Si anticipano i pagamenti in dollari; viceversa le filiali estere delle multinazionali americane scelgono di non convertire i guadagni derivanti dal loro business (cioè euro, yen, franchi svizzeri, ecc. ecc.) in moneta statunitense.

Questo perché si è consolidata l’idea secondo cui nelle prossime settimane sarà molto difficile erigere un argine di contenimento ai capitali speculativi, giusto?
Sì, la Federal Reserve ha allentato il rigore della politica monetaria e i tassi d’interesse stanno scendendo rapidamente. Qualche mese fa, i titoli federali a 10 anni rendevano il 5,2%, mentre adesso galleggiano intorno al 4,5 per cento. Se diamo il giusto peso all’inflazione, ci accorgiamo che le obbligazioni governative tedesche offrono cedole più sostanziose delle loro controparti a stelle e strisce, e ciò ha innescato forti correnti d’investimento verso l’Europa. La divisa comunitaria ha alte probabilità di toccare 1,45.

Stando all’opinione prevalente, si deve mettere in conto almeno un altro taglio del costo del denaro entro la fine del 2007. Lei concorda?
Assolutamente sì. La crisi del mercato immobiliare raggiungerà lo zenit nell’inverno del 2008, quando un gran numero di prestiti ipotecari subirà il rincaro delle rate. Questa è la vera spada di Damocle che pende sulla testa dell’economia americana. Perciò la strategia di soccorso della Fed prevede due o tre tagli aggiuntivi, con la prospettiva di portare il saggio base dal 4,75% attuale al 4% entro l’estate.

Sente odore di recessione?
È possibile che i primi due trimestri del 2008 siano a crescita zero.

Come dovrebbero comportarsi gli investitori?
Personalmente, desidero mantenere una posizione liquida e attendere che la malattia faccia il suo corso. A mio giudizio, diversi asset americani stanno acquistando un grande valore, se espressi in euro, yen o sterline. A un certo punto, gli europei, gli asiatici, i mediorientali si accorgeranno che una Citigroup o una Ford rappresenteranno una ghiotta occasione in moneta estera. Quello sarà il momento in cui vorrò comprare a piene mani. Del resto, anche grandi investitori come Warren Buffett siedono su enormi quantità di denaro contante, e fanno esercizio di pazienza.

E l’oro?
L’oro disegna la traiettoria opposta al biglietto verde, e garantisce qualcosa in più delle divise cartacee. In effetti, i travagli della Bnp Paribas, della Northern Rock e della Bear Stearns provocano riflessioni e inquietudini negli operatori, sicché il denaro affluisce naturalmente verso i beni rifugio. Il lingotto potrebbe toccare 770-800 dollari l’oncia.

C’è poi il petrolio. Qualcuno nota una contraddizione nel fatto che i corsi del greggio puntano verso l’alto mentre si discorre di recessione negli Stati Uniti.
Non c’è alcuna contraddizione. L’attività produttiva è forte in Cina, India, Medio Oriente, Sud America, parte dell’Europa. Ma, soprattutto, l’industria estrattiva è prossima al limite, e anzi inizia a declinare in Iran, Iraq, Norvegia, Regno Unito, Venezuela, Arabia Saudita, Russia. Se si verificasse un uragano di forte entità, le quotazioni potrebbero schizzare a 90 dollari al barile.

Una domanda finale. In passato, quando gli Usa rallentavano, anche l’Europa e l’Asia moderavano il loro passo, allo stesso modo in cui le carrozze di un treno seguono la velocità del locomotore. Ora, però, non pochi esperti sostengono il contrario, ossia che l’Europa sarebbe in grado di camminare sola sulle sue gambe. Lei ci crede?>
Fino a un certo punto. Il consumatore americano è ancora il consumatore di ultima istanza, basta guardare all’ammontare del nostro deficit commerciale, che corrisponde all’avanzo del resto del mondo. L’America, inoltre, sta esportando i suoi problemi attraverso la svalutazione della moneta. Perciò se fossi in Trichet (il governatore della Banca centrale europea) starei con gli occhi bene aperti, pronto ad attivare politiche di soccorso se ve ne fosse la necessità.

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