Società

ALERT CATASTROFE SISTEMICA

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Il contenuto di questo articolo e’ una traduzione letterale ma parziale di un rapporto del Laboratoire européen d’Anticipation Politique Europe 2020. Il pensiero degli autori non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) –
Il Laboratoire européen d’Anticipation Politique Europe 2020 (LEAP/E2020) stima, con una probabilita’ dell’80%, che la settimana del 20-26 marzo rappresentera’ l’inizio di una significativa crisi politica che potrebbe sfociare in una crisi economica e finanziaria simile a quella scoppiata nel 1929. Nel caso di un intervento militare da parte degli Stati Uniti o di Israele contro l’Iran, le probabilita’ dello scoppio della crisi ammonterebbero al 100%.

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L’allarme e’ basato su due eventi fondamentali che si verificheranno nella settimana in questione. Il primo riguarda la decisione iraniana relativa all’apertura della prima borsa petrolifera prezzata in euro, che dovrebbe aprire il prossimo 20 marzo a Teheran e sara’ disponibile per tutti i produttori petroliferi della regione; il secondo riguarda la decisione della Federal Reserve americana di sospendere la pubblicazione dei dati relativi all’offerta di moneta M3 (che rappresenta uno degli indicatori piu’ affidabili per la stima dell’ammontare in dollari circolante nel mondo) a partire dal 23 marzo prossimo.

Gli analisti e ricercatori dell’associazione hanno identificato ben sette componenti che potrebbero indurre ad una crisi totale in cui sara’ coinvolto l’intero pianeta sia dal punto di vista politico che finanziario ed economico, nonche’ militare:


1. Crisi di fiducia nel dollaro
2. Crisi della stabilita’ finanziaria americana
3. Crisi petrolifera
4. Crisi della leadership statunitense
5. Crisi del mondo Arabo-Musulmano
6. Crisi della governabilita’ globale
7. Crisi della governabilita’ europea

Cerchiamo ora di spiegare come i primi 3 di questi eventi possono contribuire allo scoppio di una crisi globale.

Punto numero 1: “La creazione di una borsa petrolifera iraniana prezzata in euro”

Il verificarsi di tale evento rappresenterebbe la fine del monopolio del dollaro sul mercato petrolifero globale, con conseguenze immediate sui mercati internazionali della valute. In tal contesto, i Paesi produttori di greggio sarebbero in grado di prezzare il proprio output in valuta europea e, allo stesso modo, i Paesi europei sarebbero in grado di acquistare quantita’ di petrolio utilizzando la propria valuta, trascurando il cambio in dollari. In pratica, solo un minor numero di operatori avrebbe la necessita’ di un ammontare in valuta americana, con la conseguenza di una pesante svalutazione del dollaro. In uno scenario del genere, non sarebbe da escludere un cambio euro/dollaro di 1.70 entro la fine del 2007.

Punto numero 2: “La sospensione della pubblicazione dell’indicatore macroeconomico M3”

Con tale decisione, fortemente criticata dalla comunita’ degli economisti ed analisti finanziari, l’evoluzione della quantita’ di denaro denominato in dollari a livello globale perdera’ di trasparenza. Nell’ipotesi di un forte deprezzamento del dollaro, cosi’ come spiegato poco sopra, si potrebbe assistere ad una massiccia vendita dei bond del Tesoro americani detenuti nei Paesi asiatici ed europei e in quelli produttori di greggio. Cio’ permetterebbe agli Stati Uniti di “nascondere”, per il maggior tempo possibile, due decisioni, in parte imposte dalle scelte politiche ed economiche degli ultimi anni: la “monetarizzazione” del debito Usa e il lancio di una politica monetaria che possa sostenere l’attivita’ economica a stelle e strisce.

Punto numero 3: “L’intervento militare contro l’Iran”

L’Iran gode di significativi asset strategici e dell’abilita’ di intervenire direttamente sull’output di greggio, alterandone il livello globale. Numerose le possibilita’ da non trascurare, alla portata di uno dei maggiori produttori di petrolio al mondo: il blocco delle stretto di Ormuz (situato tra il golfo Persico e quello di ‘Oman e che separa l’isola di Ormuz dalle coste dell’Arabia), l’intervento nei conflitti in corso tra Iraq e Afghanistan, il ricorso al terrorismo internazionale nel caso estremo di un crollo dei rapporti con l’Occidente. Se gli Usa decidessero di intervenire militarmente contro l’Iran, potrebbero correre il rischio di rimanere privi del supporto degli europei, ancora titubanti sul modo in cui e’ stata gestita l’invasione dell’Iraq. Allo stesso tempo, il conseguente aumento dei prezzi petroliferi, potrebbe portare i Paesi asiatici, e la Cina in particolare, ad opporsi all’operazione, forzando gli Stati Uniti (o Israele) ad un intervento autonomo, senza l’appoggio delle Nazioni Unite.

Nella peggiore delle ipotesi, l’unione di tali componenti potrebbe causare un crollo del dollaro rispetto alle principali valute internazionali, un vertiginoso aumento dei prezzi petroliferi (oltre i $100 al barile), un peggioramento delle situazioni militari gestite da Usa e Gran Bretagna in Medio Oriente, una crisi economica e finanziaria paragonabile a quella scoppiata nel 1929, un improvviso stop del processo di globalizzazione, un collasso dell’asse transatlantico con conseguenti pericoli per il mondo intero.

Le conseguenze dell’ultima settimana di marzo saranno cruciali. Per gli investitori privati la scelta sembra essere forzata: e’ ormai chiaro che il dollaro non gode piu’ di quella fama di valuta “rifugio” che lo ha caratterizzato per cosi’ lungo tempo: il recente rally dell’oro potrebbe essere la spiegazione a tale evento, cosi’ come dimostrato dai numerosi operatori che hanno saggiamente anticipato tale trend.

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(Traduzione a cura di Luigi De Giovanni)