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ALAN GREENSPAN: COLPEVOLE

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Un vero e proprio attacco frontale alla Federal Reserve quello di Stephen Roach. Il capo economista di Morgan Stanley ribadisce le accuse alla Banca Centrale Usa e alza il tiro sulle responsabilita’ della Fed nella formazione di diverse bolle speculative. La prossima, a scoppiare, prevede Roach, sara’ quella immobiliare. Il contenuto di questo articolo esprime esclusivamente il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – Con tutti gli anni trascorsi nel mondo del business, posso ben dire di non aver mai visto una banca centrale dare adito a tanti dibattiti quanto la Federal Reserve negli ultimi sei o sette anni. Dal mantra del Nuovo Paradigma di fine anni 90 alle teorie odierne sugli aggiustamenti necessari dei conti del paese, la Banca Centrale statunitense ha cercato di “riscrivere” alcune regole macroeconomiche generalmente accettate e si e’ sforzata di convincere gli operatori dei mercati finanziari della ragionevolezza di queste sue rivisitazioni.

Il problema e’ che queste operazioni non sono altro che uno sforzo, da parte della Fed, di esonerarsi dal Peccato Originale di aver fallito il tentativo di gestire le bolle speculative. Il risulatato e’ che si assiste ad una grave forma di azzardo morale (moral hazard) che getta serie minaccie al funzionamento dei mercati finanziari.
Non sono mai stato un assertore di teorie su cospirazioni di vario genere. Ma il comportamento della Fed a partire dagli ultimi anni del 1990 mi sta spingendo a cambiare idea.

E’ cominciato tutto con i timori espressi da Greenspan sull’“esuberanza irrazionale” dei mercati il 5 dicembre 1996, quando il Dow Jones Industial Average, in forte salita, chiuse a 6437 punti. Il successivo richiamo nel marzo del 1997 non era mirato solo al rischio di una bolla azionaria, ma anche agli impatti che questa eccessiva crescita dei mercati azionari avrebbe potuto avere sull’economia reale. Com’era prevedibile cio’ suscito’ una forte reazione dal Congresso.

Ma, invece di mantenere i propri giudizi come una qualsiasi banca indipendente dovrebbe fare, la Fed cambio’ completamente linea sotto i colpi delle critiche provenienti dal mondo politico. Non solo furono accantonati gli sforzi per contenere la bolla speculativa, ma, al contrario, Alan Greenspan si trasformo’ nel portabandiera della teoria di un cambiamento macroeconomico con pochi precedenti nella storia. Si trattava della prospettiva di un miracolo di crescita della produttivita’ che avrebbe dovuto giustificare la razionalita’ dell’andamento euforico delle borse.

Questo e’ stato il Peccato Originale che negli anni si e’ andato ad aggravare. La New Economy che ne e’ scaturita non e’, pero’, quella dell’eterna crescita vagheggiata dagli ottimisti, ma una “Economia Azionaria” che ha spinto consumatori e imprese a trovare nella crescita delle azioni un modo per compensare il rallentamento della crescita organica di reddito.

Sfortunatamente, questo modello di spesa nell’investimento azionario e’ stato alla base di molte di quelle distorsioni e di quegli squilibri che vediamo negli U.S.A. di oggi. Soprattutto per quanto riguarda il basso tasso di risparmio, la bolla immobiliare, l’elevato livello d’indebitamento ed un deficit del bilancio corrente ormai incontrollato. Quando la bolla azionaria e’ scoppiata, l’adozione di una politica monetaria straordinariamente accomodante ha consentito di compensare le perdite dell’azionario con la crescita del settore immobiliare. L’inflazione dei prezzi degli immobili negli Usa e’ balzata ai massimi degli ultimi 25 anni.

E il tasso d’indebitamento nel settore immobilare si e’ impennato fino a toccare quasi il 90% del PIL: e’ un record assoluto ed e’ un livello del 20% superiore a quello di meta’ anni ’90, quando e’ nata la bolla azionaria. Di qui il basso livello di risparmio delle famiglie americane, attualmente vicino allo zero, e l’enorme disavanzo delle partite correnti.

Il tutto si regge sull’assurdita’ di tassi reali d’interesse eccezionalmente bassi. I tassi reali sui fed funds sono tornati positivi dopo essere stati sotto lo zero per piu’ di tre anni. D’altronde una Banca Centrale non poteva fare altrimenti dopo aver dato il benestare al sorgere e allo svilupparsi dell’”Asset Economy”. I bassi tassi d’interesse sono stati necessari a sostenere il valore delle attivita’ (azioni, bond e ora immobili) e hanno scoraggiato il risparmio a favore d’investimenti piu’ rischiosi, come immobili, high yield bond e debiti dei paesi emergenti.

Infine, questi tassi facilitano il finanziamento del crescente deficit delle partite correnti – soprattutto se a finanziarlo sono le banche centrali estere che accettano di conseguire bassi ritorni dall’investimento come controaltare a cambi monetari favorevoli. In breve, senza tassi cosi’ bassi l’Asset Economy non sarebbe nulla. Ma e’ questo il ruolo che deve svolgere una Banca Centrale? Stando al mio parere, la risposta e’ certamente no. Il problema di una Banca Centrale attiva e’ che i “decision makers” dell’economia reale (consumatori e imprese) scambiano il punto di vista della Fed per un consiglio strategico. E lo stesso fanno gli operatori dei mercati finanziari.

Molti business manager hanno massicciamente investito in IT per dare una spinta alle azioni delle proprie societa’, fiduciosi nel sostegno che la produttivita’ esplosiva avrebbe dato ai corsi azionari. Con una Fed compiacente (attraverso i tassi d’interesse bassi), investitori e speculatori non hanno percepito la possibilita’ di un’imminente scoppio della bolla.

Molte famiglie si sono indebitate a tasso variabile, dopo che il Governatore ha sconsigliato il tasso fisso. Quindi perche’ ci si dovrebbe preoccupare se Greenspan dice che non c’e’ una bolla nel settore immobiliare? Il livello record di consumi (71% del Pil dal 2002 contro il 67% del periodo 1975-2000) parla da se’. Le retoriche dei banchieri centrali americani hanno spinto l’economia Usa, e di conseguenza quella globale, in un profondo buco. Finora la Fed non ha mai confessato il Peccato Originale. Al contrario, e’ sempre stata sulla difensiva.

Piuttosto di assumere il ruolo rigido proprio di una Banca Centrale, la Fed e’ diventata il profeta del denaro facile. Da una bolla si e’ passati ad un altra: dalle azioni, ai bond, dai prodotti a rendimento elevato al mercato immobiliare. Senza dimenticare le spericolate manovre delle banche estere per sostenere il deficit commerciale statunitense. E i mercati finanziari si sono regolati di conseguenza.

Ma il giorno in cui la politica monetaria tornera’ alla realta’ e’ prossimo. Quanto meno, cio’ richiedera’ una normalizazione dei tassi d’interesse reali. Cio’ richiedera’ un aumento verso un livello di circa il 5,5%. Non ci sono altre possibilita’. La Fed ci ha gettato nel piu’ grande “azzardo morale” di tutti i tempi, ovvero come alimentare un sistema fondato sull’investimento speculativo attraverso un livello insostenibilmente basso dei tassi d’interesse senza far cadere tutto questo castello di carte. Piu’ la Fed aspettera’, piu’ la via d’uscita sara’ pericolosa.

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