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(WSI) –
Quanto segue, è dedicato a chi si chiede come mai tra qualche giorno, oltre a Libero, i suoi affezionati lettori troveranno in edicola Libero Mercato, nuovo quotidiano economico-finanziario allegato al giornale madre e realizzato in dorso separato. Le cronache dell’economia sono piene ogni giorno di notizie come quella alla quale qui ci dedichiamo. Solo che esse vengono messe sotto naftalina, trattate in poche righe in pagine annegate della foliazione interna, così che chi ci deve far caso le noti magari in rassegna stampa, ma senza che il lettore che ha poco tempo ci possa fare gran caso.
Di che cosa parliamo? Di un mezzo colonnino che il Corriere della sera domenica ha pubblicato a pagina 33, sotto il titolo “Eni e Finmeccanica, i profitti e quelle richieste di mobilità”. Vediamo. L’articoletto del quotidiano di via Solferino è dedicato a un tema assai delicato, visto che se ne iniziò a parlare sin dai tempi del governo Berlusconi. Si tratta degli aiuti di Stato disposti in finanziaria per la cosiddetta “mobilità lunga”: si tratta di addossare alle tasche di noi tutti contribuenti l’onere relativo allo “scivolo” in pensione di lavoratori che abbiano soli 50 anni di età, se con 28 di contributi versati. Uno scivolo che realizza il pensionamento con ben 7 anni di anticipo rispetto alla soglia minima prevista dalla riforma Maroni, di 57 anni di età attualmente, soglia che dovrebbe poi salire a 60 con il cosiddetto “scalone” previsto alla mezzanotte del prossimo Capodanno.
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La Fiat chiese sin da quando era Roberto Maroni ministro del Lavoro, di accedere a tali aiuti. Il governo di centrodestra non ne volle sapere, secondo noi più che giustamente, visti gli aiuti di Stato corposissimi per decenni incassati dalla Fiat. Il governo attuale, invece, ha posto la norma in finanziaria, in maniera che la Fiat fosse accontentata, malgrado l’imbarazzo che a presiederla sia lo stesso Presidente Montezemolo che guida la Confindustria, agli altrui cui soci niente di simile veniva concesso.
Proprio per attenuare il dubbio gusto di tale aiutino ad hoc, in finanziaria è stato previsto che lo scivolo non sia solo per i 2 mila lavoratori indicati dalla Fiat, ma che si estenda ad altri 4 mila. È stato pubblicato un bando, da parte del ministero del Lavoro, e tante aziende vi hanno risposto. Altri 1.500 “scivoli” sarebbero stati individuati, d’accordo tra governo e sindacati, riservandoli ad aziende in stato di insolvenza, soprattutto nel settore elettronico. Di conseguenza, resterebbero più o meno 2.500 prepensionamenti a carico pubblico da definire.
E qui la penna del Corriere inizia a farsi, improvvisamente, acuminata e graffiante. Il quotidiano diretto da Paolo Mieli infatti scrive che, tra le diverse aziende a richiederli, vi sono anche l’Eni, per la raffineria di Gela oggi in crisi, nonché la Finmeccanica. E come osano, si chiede scandalizzato il Corriere? Sono o non sono grandi aziende che si fanno vanto di produrre utili netti copiosi, l’Eni per 9,2 miliardi di euro nel 2006, e la Finmeccanica per un miliardo? Perché Scaroni e Guarguaglini chiedono aiuti di Stato, invece di metter mano al portafoglio delle aziende che guidano, e sobbarcarsi il costo delle relative ristrutturazioni?
A noi liberomercatisti scappa una bella risata. Perché vedete, l’argomento può essere giusto, anzi giustissimo, a patto però che a solle- varlo sia chi è sempre stato contro gli aiuti pubblici, a prescindere dai nomi e cognomi delle imprese alle quali gli aiuti sono destinati. Ma l’argomento diventa invece sbagliato una volta, se chi lo avanza ora ha sempre difeso – come capita a via Solferino – gli aiuti alla Fiat. Due volte, perché la Fiat è azionista sindacata nel patto di Rcs che edita il Corriere, e dunque è singolare che difenda gli aiuti per sé attraverso un giornale partecipato, e attraverso lo stesso giornale provi invece ad escluderne terzi. L’argomento diventa poi tre volte improprio, se il criterio invocato è quello che gli aiuti non devono andare a chi fa utili.
Proprio ieri, la Fiat ha trionfalmente – e meno male, viva Marchionne – annunciato che nel primo trimestre 2007 il gruppo Fiat ha innalzato l’utile netto a 379 milioni di euro, dai 225 del 2006. Mentre Fiat Auto conferma di essere ben fuori dalla lunga crisi che ha fatto temere per i suoi destini, visto che nel primo trimestre realizza un risultato utile per 222 milioni di euro su 6,8 miliardi di fatturato.
Vediamo di concludere. La Fiat per prima, sia come gruppo sia come Fiat Auto, è in utile, dunque secondo il criterio del Corriere non avrebbe titolo neanch’essa agli aiuti di Stato regalatigli da Romano Prodi. Una volta che ne beneficia, è discutibile che a volerne escludere altri gruppi sia, con argomenti artificiosi, un giornale dalla Fiat co-controllato. Per conto nostro, gli aiuti pubblici non dovrebbero andare a nessuno. Ma certo è pazzesco riservarli solo agli amici degli amici, riservando disco rosso a primarie aziende che si battono con le unghie sui mercati mondiali in settori trainanti, come Finmeccanica nel settore delle tecnologie della difesa. Ecco perché tra poco in questa casa nasce Libero Mercato. Una voce fuori da intrecci che scambiano interessi per princìpi, e princìpi per favori.
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