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Acquisti comunitari: così il calcolo dell’Iva

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L’articolo 38 Decreto legge n. 427/1993 definisce gli acquisti intracomunitari: l’imposta sul valore aggiunto si applica sugli acquisti di beni effettuati nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese, arti e professioni o da enti, associazioni o altre organizzazioni di cui all’articolo 4 soggetti passivi d’imposta nel territorio dello Stato.
L’acquisto consiste nell’acquisizione, derivante da atto a titolo oneroso, della proprietà di beni o di altro diritto reale di godimento sugli stessi, spediti o trasportati nel territorio dello Stato da altro Stato membro dal cedente, nella qualità di soggetto passivo d’imposta, ovvero dall’acquirente o da terzi per loro conto.
Perciò l’acquisto intracomunitario è tale quando si verificano contemporaneamente i requisiti di: onerosità dell’operazione che deve riguardare un bene mobile materiale; acquisizione della proprietà o di altro diritto reale sui beni; movimentazione del bene che deve trasferirsi in Italia con partenza da altro Paese comunitario; qualità di operatore economico sia da parte del cedente comunitario che del cessionario nazionale.
L’acquisto, quindi, deve riferirsi ad un bene mobile materiale per il quale sia previsto il pagamento di un corrispettivo.
Ne restano esclusi dalla disciplina intracomunitaria gli acquisti di immobili o di beni immateriali e gli acquisti di beni, che sia pure mobili, sono ricevuti gratuitamente; questi ultimi, come è ovvio, seguono l’imposizione interna prevista nel Paese del cedente.
I beni di solito sono acquisiti attraverso il contratto di compravendita; la proprietà del bene, però, potrebbe essere frutto di un contratto d’appalto per il quale occorre un distinguo:
a) se il committente fornisce al prestatore materie prime, semilavorati o beni da incorporare nella produzione che abbiano un valore rilevante (superiore alla metà del valore dell’intero prodotto), l’operazione deve essere classificata come lavorazione comunitaria; la relativa disciplina è contenuta nell’articolo 40;
b) se le materie prime fornite dal committente sono di scarso valore commerciale e il prestatore fornisce altre all’opera anche materie prime o componenti di rilevante valore (superiore al 50 per cento dell’intero compenso) l’operazione è da considerare acquisto intracomunitario di beni per il committente/acquirente e come cessione intracomunitaria per il prestatore/cedente.
Il bene oggetto d’acquisto intracomunitario deve essere fisicamente introdotto nel territorio italiano con provenienza da altro Stato dell’Unione.
Il relativo trasporto o spedizione può avvenire con mezzi del cedente o del cessionario ovvero ad opera di un trasportatore terzo il quale interviene per conto di una delle parti contraenti.
Per tale ragione se un operatore italiano acquista da altro operatore dell’Unione beni che non vengono trasportati o spediti in Italia ma restano nell’altro Paese ove vengono ceduti, l’operatore italiano non realizza un acquisto intracomunitario e quindi non deve assoggettare ad iva l’operazione; essa sarà soggetta ad imposta nell’altro Paese comunitario.
Infine entrambi gli operatori devono essere soggetti d’imposta residenti in due Paesi diversi; entrambi cioè devono essere riconosciuti con il proprio numero d’identificazione.
L’acquirente normalmente è un operatore residente nel nostro territorio, ma può essere anche la stabile organizzazione di un soggetto non residente o il rappresentante di un operatore estero.
L’articolo 38 prevede anche alcune transazioni che, sia pure prive dei citati requisiti, sono considerate acquisti intracomunitari per evitare fenomeni elusivi.
di Rosa Rutigliano