Chi ha visto Abby Joseph Cohen, capo delle strategie di investimento sul mercato americano di Goldman Sachs?
L’analista – definita dall’agenzia Reuter “una delle donne piu’ influenti a Wall Street” e dalle cui labbra pendevano gli investitori – sembra sparita dalla circolazione.
Le borse hanno cominciato l’anno nuovo senza il conforto delle sue previsioni, senza la sferzata della sua incrollabile fede rialzista. Abby Cohen non e’ comparsa sui network televisivi americani neppure per fare gli auguri.
Eppure nel 1999, con il suo presenzialismo sui media, aveva oscurato la fama di molti eccellenti colleghi, collezionando ben 259 apparizioni televisive; dati pubblicati dalla rivista ‘Business Week’.
L’ultimo segno che Abby Cohen ha dato di se’ e’ una nota agli investitori diffusa il 14 dicembre scorso. Il Nasdaq era appena sceso sotto quota 3.000 e sui mercati il nervosismo si tagliava con il coltello.
“La pressione inflazionistica e il livello dei tassi d’interesse si sono allentati, la disparita’ di valutazione tra i diversi comparti si e’ notevolmente ridotta (…) – scrive Cohen – a suggerire una piu’ accurata distribuzione del capitale”.
Il guru di Goldman Sachs evita di parlare del comparto tecnologico e del Nasdaq, da sempre i suoi cavalli di battaglia. Non ribadisce ne’ smentisce il target a 3.400 punti entro fine anno che ha indicato appena qualche mese prima per il tabellone elettronico.
Non per questo rinuncia a una sortita controcorrente, una di quelle su cui ha costruito la propria fama; la profetessa si concentra sull’indice S&P 500, il cosiddetto indice allargato: “E’ sottovalutato del del 15%”, sentenzia.
E’ qui che accade qualcosa di sorprendente in borsa: indifferenza assoluta. Gli indicatori di borsa continuano la fase calante, nessuna impennata degli ordini di acquisto, le parole di Cohen si perdono nel vento.
Le aziende del comparto tecnologico iniziano uno stillicidio di profit warning: i risultati saranno al di sotto delle previsioni – avvertono – l’economia rallenta e se ne pagano le conseguenze.
Se i profiti societari scendono, aumenta in modo ancora piu’ vistoso il rapporto/prezzo utili dei titoli high-tech; un abominio per i criteri dell’economia classica, accettato dai mercati in forza delle straordinarie prospettive di crescita del settore.
Quando la crescita rallenta, e’ l’intero modello della New Economy che scricchiola: il gigante scopre di avere i piedi d’argilla.
L’ombra sinistra che piomba sulla New Economy lambisce cosi’ gli analisti che appartengono alla scuola dei New Paradigmist, di cui Abby Cohen e’ l’esponente di punta.
Perfino tra gli adepti, scattano le prese di distanza: Edward Yardeni, un altro ‘neo paradigmantico’, dichiara : “Abby ha fatto un buon lavoro ma, con tutto il rispetto, adesso non sono d’accordo”.
Laszlo Birinyi, che in passato e’ stato ancora piu’ rialzista di Cohen, ha detto: “Abby e’ una cara persona, ma la sua reputazione di camminare sulle acque e’ un tantino eccessiva”.
Mestiere duro quello dell’oracolo, le fortune sono sempre alterne e il rischio di passare precipitosamente dall’altare alla polvere molto elevato.
A Wall Street nessuno grida ‘crucifige’, gli operatori conoscono bene la difficolta’ di fare previsioni: le variabili in gioco sono sempre superiori a quelle che e’ possibile considerare. Un principio valido dal punto di vista matematico, figuriamoci quando ci sono di mezzo gli esseri umani.
Abby Joseph Cohen e’ rimasta prigioniera di se stessa, secondo un parere largamente condiviso sulla piazza finanziaria newyorkese – il suo successo legato fondamentalmente all’aver detto ai mercati quello che volevano sentirsi dire.
L’irrazionale esuberanza, secondo la celebre definizione di Alan Greenspan, presidente della Federal Reserve, aveva trovato in Abby Cohen una giustificazone teorica.
A questo si aggiungano le peculiarita’ del personaggio, del tutto al di fuori degli schemi di Wall Street e della donna in carriera.
La sua messa in piega “fatta in casa”, la residenza a Queens, il recarsi tutti i giorni al lavoro in autobus, sono stati altrettanti elementi chiave nella costruzione del mito di Abby Cohen.
Finita la crescita del 5% annuo dell’economia americana, cadute come mosche le Internet company che creavano miliardari dalla sera alla mattina, il suo ruolo catartico si e’ esaurito.
Tutti i principali analisti hanno fatto magre figure con le loro previsioni nel 2000, ma la sconfitta (sicuramente momentanea) e’ piu’ bruciante per un personaggio mediatico.
(Vedi anche Wall Street: il muro della vergogna)