Il contenuto di questo articolo esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.
(WSI) – Questa settimana il ministero dell’Economia aveva in programma un’emissione di Btp trentennali. Inaspettatamente l’emissione è stata cancellata cogliendo di sorpresa i mercati e provocando un piccolo salto nel prezzo dei titoli trentennali emessi in passato. La decisione di sospendere l’asta non è stata spiegata ma è probabile che il ministro Siniscalco abbia preferito non affrontare i mercati nel mezzo della tempesta provocata dal caso Fazio.
Hai mai provato ad abbonarti a INSIDER? Scopri i privilegi delle informazioni riservate, clicca sul
link INSIDER
Anche se comprensibile, questa decisione ha convinto gli investitori internazionali che la vicenda Banca d’Italia comincia ad avere effetti concreti sul nostro debito pubblico. Questa convinzione è rafforzata da una lettura più attenta del disegno di legge di riforma della Banca d’Italia approvato venerdì scorso dal Consiglio dei Ministri.
Come è noto, il disegno di legge prevede che la proprietà della Banca d’Italia sia trasferita dalle banche, che oggi ne posseggono le azioni, allo Stato. Per acquistare queste azioni lo Stato userà il fondo di ammortamento del debito pubblico. Il fondo oggi contiene circa 11 miliardi derivanti dalle privatizzazioni. Il valore delle azioni della Banca d’Italia è difficile da stabilire ma, se si considerano solo le riserve in oro e le proprietà immobiliari sparse in ogni città d’Italia, potrebbe superare i 10 miliardi, esaurendo le disponibilità del fondo di ammortamento.
Sarà quindi necessario rivedere il programma di riduzione del debito pubblico che prevedeva l’utilizzo della liquidità del fondo. Anziché ridurre il debito, si fa un regalo alle grandi banche che possiedono la quota maggiore delle azioni di via Nazionale. Un vero regalo perché le banche proprietarie di Banca d’Italia, pur iscrivendo queste azioni nei loro bilanci (a valori diversi a seconda delle banche come ha mostrato Alessandro Penati su Repubblica il 5 settembre) certo non speravano che qualcuno un giorno fosse disposto ad acquistarle a peso d’oro.
A pochi mesi dalle elezioni nessun governo fa regali di questo ammontare: non voglio neppure pensare a che cosa Berlusconi potrebbe chiedere alle banche in cambio dei miliardi che si appresta a regalare loro. Finora il feuilleton di via Nazionale aveva minato la nostra reputazione internazionale ma non aveva avuto riflessi concreti sui mercati. Neppure il severo giudizio estivo di Standard and Poor’s («recenti vicende nel mondo bancario rischiano d’intaccare la reputazione della Banca d’Italia») aveva allargato lo spread sui titoli italiani. Oggi, dopo l’asta rimandata e la prospettiva che il fondo di ammortamento venga svuotato, gli umori degli investitori internazionali sono cambiati.
Il prezzo che Antonio Fazio ci sta facendo pagare non è più misurato solo nel suo straordinario stipendio (il più alto tra i banchieri centrali di tutto il mondo con la sola eccezione di Hong Kong) ma dall’allargamento dello spread sui titoli del debito pubblico.
Copyright © Corriere della Sera per Wall Street Italia, Inc. Riproduzione vietata. All rights reserved