(9Colonne) – Roma, 19 giu – Sono coperti da un contratto per sette mesi su dodici, hanno in media un’età superiore ai 30 anni, redditi annuali inferiori a 8.000 euro e sono in preoccupante aumento: il numero di lavoratori a rischio di precarietà iscritti alla gestione separata dell’Inps ha subito un incremento nel 2006 di 54.217 unità (+6,74 per cento) passando dalle 804.171 persone del 2005 agli 858.388 lavoratori di quest’anno. Lo denuncia il rapporto “I lavoratori parasubordinati tra professione e precariato”, realizzato dall’Osservatorio nazionale sul lavoro atipico, nato un anno fa dalla collaborazione fra la Facoltà di Scienze della comunicazione dell’Università di Roma La Sapienza, NIdiL-Cgil e Ires-Cgil. L’allarme dell’Osservatorio riguarda coloro che, oltre ad avere un contratto di collaborazione o assimilato, non hanno altra fonte di reddito, vale a dire il 56 per cento del totale degli iscritti (1.528.865) al fondo Inps. In un panorama di basse retribuzioni e contratti a volte saltuari, le donne si trovano in una situazione ulteriormente svantaggiata: costituiscono la maggioranza dei soggetti a rischio precarietà (57,27 per cento del gruppo) e percepiscono mediamente appena 6.800 euro all’anno. Quello dei parasubordinati è un universo eterogeneo, costituito principalmente da due grandi gruppi professionali che si differenziano sostanzialmente per redditi e per tipologia di lavoro. Da una parte gli amministratori, i sindaci di società e i partecipanti a commissioni che costituiscono un terzo circa della gestione separata (496.324 persone, pari al 32,5 per cento), dall’altra la galassia dei collaboratori a vario titolo, più gli associati in partecipazione. Questi costituiscono i restanti due terzi, in tutto poco più di un milione di persone (1.032.541 per la precisione). Il lavoro parasubordinato però, osserva il rapporto in riferimento all’età media degli iscritti alla gestione separata, non rappresenta il canale di transito temporaneo dei giovani alla ricerca di un lavoro, ma per molti è una sorta di “gabbia” che accompagna sino all’età adulta. Non è un caso che gli stessi collaboratori a progetto abbiano un’età media superiore a 36 anni.
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