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(WSI) – Non occorre un’urna del lotto per capire quanto stia dietro (purtroppo) le vicende comiche e anche tragiche del ritardo del 53 (non inteso come tram).
Basta ragionare su una serie di lanci con esiti ritenuti indipendenti d’una moneta giudicata perfetta (i.e.; probabilità ½ sia per testa (T), sia per croce (C)), per rendersi conto dell’abbaglio diffuso in tema di ritardo del 53 e per avere qualche motivo in più per dolersi degli effetti della scarsa alfabetizzazione scientifica imperante.
Pensiamo a 10 lanci. Non pochi – purtroppo – giurerebbero che la sequenza di 10 teste oppure la sequenza di 10 croci sono meno probabili dell’ “inoffensiva e chiaramente più casuale” TCCTCTTCTC.
Nel contesto sopra delineato a tutte e tre le sequenze (TTTTTTTTTT, CCCCCCCCCC, TCCTCTTCTC) spetta probabilità 1/(2^10). Temo che qualcuno giurerebbe sulle cose più care (da vedere quali), che la terza è più probabile perché, mentre nelle prime due o testa o croce fanno la parte del leone, nella terza si contengono e – addirittura – si spartiscono d’amore e d’accordo le 10 poltrone in parti uguali. Qualcuno, più dentro le cose potrebbe ivi veder aleggiare popolari vacuità come la cosiddetta “legge empirica del caso”, che qui si concede anche a numeri piccoli (10).
Tutti sanno (o – sarebbe meglio – sapessero) che una sequenza con 5 teste e 5 croci va giudicata 252 volte più probabile d’una monocolore (tutte teste o tutte croci), ma, fissando ove si collocano le teste e le croci, non c’è storia: le probabilità delle sequenze sono le stesse.
Chi giuoca in una data settimana non punta su un risultato “globale”, ma proprio su quel sabato che cambierà la tua vita. E pertanto si pone in prospettiva locale.
E veniamo al lotto. Se accettiamo l’assenza di brogli, ogni sabato si ricomincia a giocare daccapo. La storia passata (con tutti i suoi eventuali ritardi) è cancellata (tipo il minacciosissimo aceto nel cryptex nel “Codice da Vinci” di Dan Brown).
La mente corre sùbito a Bruno de Finetti e alla sua caustica descrizione sintetica di lotto e lotterie come “tassa sull’imbecillità”. La “Stanza” di Montanelli, sul “Corriere”, prese atto a suo tempo della cosa, ma si può facilmente inferire (come sparare sulla Croce Rossa) che chi oggi punta sui ritardi non leggeva con debita cura la “Stanza”.
Rievoco de Finetti: Teoria della probabilità, Einaudi, 1970, p. 384 (dunque nel secondo volume), nota a pie’ di pagina sull’idea del “rifarsi”, che sta alla base di chi insiste a giocare sui numeri in ritardo: “L’illusorietà e perniciosità di tale fiducia nel “rifarsi” appare sancita anche in una battuta popolare (sembra siciliana), notevole perché in genere le preferenze popolari sembra vadano alla tesi sbagliata. Si tratta della risposta di una donna a un’amica che le aveva chiesto se era vero che suo figlio aveva perduto una forte somma al gioco: “Sì, ma questo è niente: il peggio è che vuole rifarsi!”.”
Scrive de Finetti nel testo donde nasce il rinvio alla nota riportata:
“E se a un certo momento uno è in perdita di, per es., 7200 L. , la legge dei grandi numeri non giustifica alcuna speranza che debba rifarsi.: in previsione, la perdita rimane eternamente inalterata, 7200 L., ma il guadagno successivo (positivo o negativo), in previsione nullo, avrà ordine di grandezza, proseguendo, tanto grande da rendere trascurabile tale perdita acquisita, irrimediabilmente acquisita.
[…]
Si osservi […] come sarebbe a priori assurdo immaginare una correlazione come conseguenza di leggi e risultati dedotti dall’ammissione d’indipendenza.”
Si potrebbe provare a tagliar la testa al toro anche calcolando qualche probabilità che dovrebbe stupire i giocatori sui ritardi. Di queste se ne possono calcolare tante e superare il numero di 53 ragioni per non giocare sul 53.
Per esempio, la probabilità che il 53, supposto in ritardo di 150 settimane, continui a latitare anche la prossima settimana sulla ruota di Venezia è 1-5/90, circa il 93%..
Ma dovrebbe colpire anche la probabilità che il 53, supposto in ritardo di 150 settimane, non compaia (il maleducato!) in alcuna delle 10 successive. Quattro conti conducono a 56%.
C’è (quasi) sempre un dopo.
Un momento in cui si va un po’ più a fondo. Il fatto che le frequenze relative asintotiche si comportino bene nel lungo andare (nel quale andare J.M. Keynes ci ricorda che we shall all be dead) non implica buon comportamento delle frequenze assolute. I misconosciuti teoremi sulla rovina del giocatore stendono la loro ala oscura su chi fida nei ritardi e su essi impegna magna pars della sua ricchezza.
Si potrebbe pensare di vietare questi giuochi, ma numerosi aspetti andrebbero considerati per prendere una decisione saggia.
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