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Da lobby petrolio schiaffo a Conferenza sul clima

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ROMA (WSI) – Non solo l’Iran: ci sarebbero anche gli Usa dietro quella che potrebbe essere una nuova offerta di petrolio sui mercati. Prendendo una decisione storica, i leader del Congresso hanno raggiunto un accordo per eliminare porre fine al divieto – durato per ben 40 anni – di esportare parte della produzione domestica degli Stati Uniti.

Sono passati mesi da l’America di Barack Obama ha aperto all’opzione di porre fine a questo divieto, che interessa in modo particolare le esportazioni sui mercati globali di petrolio ultra-light. Obama si è trovato costretto a cedere alle pressioni delle lobby del settore petrolifero. Tuttavia, la partita non è chiusa, dal momento che sia la Camera che il Senato dovranno esprimersi sulla proposta che, in caso di approvazione, si tramuterà in legge solo con la firma di Obama.

L’accordo è visto come prioritario per i Repubblicani e per l’industria petrolifera, e include anche alcune misure chieste dai Democratici, come l’estensione dei crediti di imposta a favore dei settori di energia eolica e solare. E’ indubbio, tuttavia, che i Repubblicani si preparino a trionfare, visto il loro sostegno all’industria petrolifera.

E l’intesa è uno schiaffo che arriva proprio dagli Usa ai risultati raggiunti con la conferenza sul clima a Parigi, che implicano l’impegno globale a ridurre in modo netto le emissioni inquinanti provocate dalla combustione di petrolio e altri carburanti.

Diverse le società petrolifere indipendenti, come Continental Resources e ConocoPhillips, che si sono impegnate per quasi due anni in attività di lobbying, spingendo il Congresso a mettere stop a un divieto con la convinzione che la maggiore offerta di petrolio Usa sul mercato eliminerebbe distorsioni di mercato, stimolerebbe l’economia e aumenterebbe anche la sicurezza nazionale.

Sull’impatto che il cambiamento potrebbe avere sui mercati globali, Abdalla El-Badri, segretario generale dell’Opec ha affermato che “qualsiasi cambiamento nella politica petrolifera degli Usa avrà un impatto ‘zero’, perchè il paese rimane importatore”.

Così Virendra Chauhan presso Energy Aspects, a Singapore:

“L’accordo per eliminare il divieto sul crude rappresenta un cambiamento significativo nella politica Usa ma, in termini di impatto sui prezzi nel breve termine, riteniamo che la reazione sarà guidata più che altro dal sentiment. Quello che succederà è che si trasferirà l’eccesso di offerta dagli Stati Uniti, dove è presente la maggior parte di capacità , ad altre parti del mondo”.