(Teleborsa) – Buone nuove solo da Codiretti, secondo cui la vendita diretta del produttore in campagna o nei mercati degli agricoltori nel 2009 è l’unica forma di distribuzione commerciale che ha registrato una crescita battendo nell’alimentare negozi, hard discount e ipermercati, grazie ad un incremento dell’ 11% del valore delle vendite per un totale stimato in 3 miliardi di Euro. Si tratta – sottolinea la Coldiretti – di un fenomeno in controtendenza rispetto alla crisi generale perché concilia la necessità di risparmiare con quella di garantirsi la sicurezza del cibo. Tra le motivazioni di acquisto dell’indagine Swg/Coldiretti spicca infatti la genuinità (71%) seguita dal risparmio (40%) e dal gusto (26%). “La vendita diretta è una opportunità per il Paese con un aumento della concorrenza che va a beneficio delle imprese agricole e dei consumatori che possono così garantirsi acquisti sicuri e di qualità al giusto prezzo” afferma il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel sottolineare che “è anche una occasione far conoscere e divulgare i veri sapori della tradizione italiana per poterli riconoscere in tutte le altre forme di vendita senza cadere nell’inganno del falso made in Italy”. Nel frattempo Confcommercio ha rivisto al ribasso le stime di crescita del Pil, che nel 2010 si attesterà allo 0,9% e all’1% nel 2011, mentre la spesa delle famiglie italiane per i consumi registrerà nel 2010 una crescita dello 0,7% e nel 2011 dell’1,1%. La crisi, ha commentato il direttore dell’Ufficio Studi di Confcommercio, Mario Bella, è “verosimilmente alle spalle, ma proseguono le fibrillazioni lungo un sentiero di moderata crescita, aggravata dall’aumento della disoccupazione”. “La direzione è certamente di miglioramento complessivo e di ripresa ma l’andamento generale dei consumi è di stazionamento”, ha spiegato il direttore del Censis, Giuseppe Roma, secondo il quale “le previsioni di spesa ci fanno intravedere dei germogli di fiducia ma resta troppo alto il numero di coloro che sostengono che spenderanno come prima o meno”. Le preoccupazioni sono legate soprattutto alla disoccupazione, in particolare nel Sud, ma anche alla litigiosità della classe dirigente. In merito agli effetti della crisi economica sui consumi delle famiglie italiane, il 17% ha rinunciato a cose essenziali, il 49% ha ridotto gli sprechi e il 34% ha potuto mantenere invariate le abitudini di consumo.
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