Economia

Vincere strapotere banche appropriandosi della moneta

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ROMA (WSI) – Oggi la moneta emessa nasce come debito per il popolo, e i “padroni del denaro” (ndr il sistema bancario), chiedono sempre il conto. Il punto nodale non è chiedersi come fa il professor Alberto Bagnai se la banca centrale deve essere privata o pubblica, piuttosto è fondamentale stabilire a chi deve spettare la proprietà della moneta. Assumere il controllo della Banca Centrale, infatti, non aiuterebbe a risolvere il problema principale, quello del denaro scritturale bancario.

Rifarsi solamente alla Banca centrale europea, osserva la Scuola Giacinto Auriti, offre una mera “versione miope” della questione. Anche perché la moneta legale emessa dalla Banca centrale “rappresenta solo una piccola percentuale rispetto alla massa monetaria circolante”.

“La fetta più grande della massa monetaria, è quella emessa dalle banche commerciali“, spiega la scuola di studi giuridici e monetari, la quale viene accusata dai critici di “signoraggio”,  In Eurozona, per esempio, conta per circa il 90% del circolante complessivo. “Chiunque sia entrato in una banca ha potuto constatare di persona come la moneta non nasca se non ci si indebita”, dice sul suo sito Internet la redazione della Scuola nata per onorare la carriera del noto giurista Giacinto Auriti.

Pensare che la banca commerciale raccolga i risparmi e poi li presti è giudicata una “falsa credenza. Essa crea denaro nel momento in cui crea il deposito”. Dimostrando che l’Articolo 47 comma 1 della Costituzione italiana “sia, in realtà, un mito”. L’articolo recita che “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito”.

Bisognerebbe piuttosto chiedersi “come mai in un sistema ove la massa monetaria è per lo più endogena, quindi creata dal sistema bancario periferico, possa la Repubblica avere qualche voce in capitolo al fine di indirizzare l’esercizio del credito”?

La moneta deve prima nascere e poi, subordinatamente, servire per le tasse in un ottica di reciproco scambio: io ti do la moneta, tu mi dai beni e servizi. Venendo a mancare tale rapporto, la “moneta sovrana”, prende il comando sul popolo che “ne diventa suddito“.

Il sistema monetario moderno, ricordiamolo, si basa sulla moneta legale: il valore del denaro non è agganciato all’oro o ad altri asset. Come osserva anche Saxo Bank, “siamo noi che diamo al denaro il suo valore, accettandolo”.

Mettersi al riparo da tasse predatorie

La moneta nasce con un costo nullo e assume potere d’acquisto e inizia ad esistere come bene giuridico soltanto nel momento in cui la popolazione la mette in circolo per acquistare beni e servizi che egli stesso produce. Se si vuole evitare che il cittadino non abbia alcun potere e diritto su questo prodotto, l’unica soluzione secondo la scuola Giacinto Auriti è quella di dichiarare la proprietà del portatore all’atto di emessione della moneta.

“Solo questa esatta espressione consentirebbe, di riconoscere all’essere umano la proprietà del suo denaro. Infatti anche le emissioni effettuate in nome della Repubblica possono essere ingannevoli”.

Lo stesso Mario Draghi, presidente della Bce, ha fatto capire che la moneta non è solo una merce. Partecipando all’inaugurazione della mostra “La moneta dell’Italia Unita: dalla Lira all’Euro” nel 2011, Draghi ha messo in discussione la concezione di moneta, “smontando le teorie economiche” tradizionali, parlando invece di “valore della moneta per fiducia” e di “potere di acquisto” della moneta.

Per i cittadini i vantaggi pratici che deriverebbero dal diventare proprietari della propria moneta, sempre secondo la corrente di pensiero della scuola auritiana, sono i seguenti:

  1. Il cittadino sarebbe al riparo da “tassazioni predatorie” non essendo possibile spogliarlo di un bene di sua proprietà senza giustificazione.
  2. Le tasse diventerebbero un atto di scambio: imposte in cambio di beni e servizi ricevuti.
  3. Si porrebbe fine alle spire deflazionistiche ingenerate da tasse predatorie.
  4. Non si potrebbe imporre a una popolazione l’adozione di una valuta straniera, come avvenuto per l’euro.

Proprio per tutte queste ragioni probabilmente quanto chiesto dalla scuola auritiana non avverrà mai.