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Talpa Pentagon Papers: sull’orlo di una guerra nucleare

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Daniel Ellsberg, la talpa dietro allo scandalo dei Pentagon Papers che nel 1969 ha messo a nudo le bugie del governo americano, sostiene che gli Stati Uniti siano a un passo da fare scoppiare un “armageddon nucleare”. L’analista militare americano, 86 anni, spiega come basti un semplice falso allarme o un attacco non autorizzato per far esplodere un conflitto atomico di scala mondiale.

Nel suo libro di nuova uscita su Amazon The Doomsday Machine: Confessions of a Nuclear War Planner, la “talpa del Pentagono”, un idolo dei paladini della libertà di espressione e precursore dei “whistleblower” degli ultimi decenni, spiega che per legge in America il presidente Donald Trump non è il solo ad avere il diritto di ordinare il ricorso all’arma nucleare, ma che anche comandanti dell’esercito di grado relativamente basso siano in grado di farlo (nel caso il commander-in-chief sia impossibilitato per una qualche ragione).

Il rapporto di 7mila pagine dei Pentagon Papers si può considerare lo scandalo Wikileaks dell’epoca: un insieme di rivelazioni top secret che hanno sconvolto l’opinione pubblica e messo in crisi la presidenza di Richard Nixon, innescando un conflitto tra autorità. Il braccio di ferro tra governo e Corte Suprema ha in seguito portato a un miglioramento delle condizioni e dei parametri della libertà di stampa.

“Le guerre nucleari – calamità irreversibili, senza precedenti e quasi inimmaginabili per la civiltà e per la vita sulla Terra – come le catastrofi di Chernobyl, dell’Uragano Katrina, della marea nera nel Golfo, di Fukushima Daiichi e della Priam Guerra Mondiale, una bomba a orologeria, ma quella attuale è su una scala persino maggiore” di quelle citate.

Il riferimento di Ellsberg è rivolto in particolare alla Corea del Nord, che dice di essere in procinto di costruire un arsenale nucleare in grado di sferrare attacchi contro gli Stati Uniti. Le minacce di un regime isolato diplomaticamente, vicino ormai solo alla Cina, ma militarizzato fino al collo, ha alimentato le paure di un armageddon atomico.

Pyongyang ha anche diffuso in passato delle immagini di cartine geografiche in cui vengono individuati i suoi obiettivi militari. È famosa la foto pubblicata a marzo del 2013 in cui il leader Kim Jong-un scruta una piantina in cui sono indicate città e basi militari degli Stati Uniti.

Il mese scorso Trump ha inserito la Corea del Nord nella lista nera di stati che sponsorizzano attività terroristiche. Ciò consente potenzialmente al governo Usa di imporre nuove sanzioni, con il rischio di provocare un’ulteriore escalation della Guerra Fredda in atto tra i due Stati. La Corea del Nord ha denunciato la decisione di Trump, definita una “provocazione grave e una violazione pesante”.

Sempre in novembre un rapporto del think-tank degli Affari Esteri della Commissione European elencava la lista dei 15 obiettivi dei nordcoreani: tra questi figuravano New York (per la precisione il quartiere di Manhattan), Guam, territorio oltre oceano degli Usa situato nella Micronesia, Kyoto e Tokyo, entrambe città del Giappone.

I test missilistici della Corea del Nord possono essere anche visti come una mera minaccia, volta a ottenere qualcosa per vie diplomatiche, nell’ambito di una strategia tipica delle guerre fredde che viene denominata “distruzione mutua assicurata”. Le minacce sono considerate preventive e Kim Jong Un farebbe fuoco solo se il suo paese si trovasse effettivamente in pericolo.

Il problema però è che, come osserva Ellsberg nel suo volume, spesso in passato le guerre sono scoppiate per colpa di “un falso allarme, di un attentanto terrorista, di un lancio non autorizzato o una decisione disperata per causare di proposito una escalation delle tensioni”. È così “anche se la Guerra Fredda è finita 30 anni fa”. A morire sarebbero “miliardi di esseri umani, forse mettendo fine alla vita sulla Terra“.

La talpa dei Pentagon Papers avverte dei rischi di conflitto nucleare
Daniel Ellsberg, ex analista militare Usa e talpa dei Pentagon Papers, interviene in occasione di una manifestazione a favore del whistleblower di Wikileaks Bradley Manning, il primo giugno del 2013 (Foto di Lexey Swall/Getty Images)