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Spread e banche: più esposte quelle meno grandi

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Le banche italiane stanno gradualmente riducendo i crediti deteriorati nei loro bilanci, come ha confermato anche l’ultimo rapporto Abi, ma il debito sovrano detenuto dagli istituti resta ampio. Ciò instaura una relazione fra l’andamento dei rendimenti (e del prezzo) dei titoli pubblici e il comportamento delle banche rispetto all’erogazione di credito: è quanto afferma, in sintesi, una nota di Unigestion a cura di Salman Baig (Investment Manager CAS Team) e di Stephane Dutu (Fundamental Analyst Equities)

Nonostante il miglioramento delle condizioni economiche e la riduzione dello stock di Npl, “permangono motivi di preoccupazione, primo fra tutti il tema ricorrente della crisi del debito europeo. Le banche locali detengono un ampio stock di debito sovrano nazionale e sono quindi esposte al rischio nel caso di un forte aumento dei rendimenti governativi, ad esempio a seguito una grande espansione fiscale”. Uno scenario che sembrerebbe preannunciato dal contratto di governo Lega-M5s, ma notevolmente ammorbidito dalle parole del ministro dell’Economia Giovanni Tria.

Secondo i due analisti sarebbero le banche più piccole quelle più esposte alle fluttuazioni dei rendimenti sovrani:

“Anche la Banca d’Italia, nel suo recente rapporto sulla stabilità finanziaria, ha osservato che ‘le banche meno significative’ (ossia le banche non direttamente supervisionate dalla Bce) detengono una quota maggiore delle loro attività nel debito pubblico nazionale rispetto al sistema bancario nel suo complesso. Questo ci suggerisce che ci sono sacche di rischio nel sistema bancario italiano che vengono mascherate dall’aggregato”.

Non c’è ragione di temere, per questo, problemi di solvibilità in seguito a “un declassamento del debito sovrano”, ma “la conseguente pressione sui loro bilanci porterà probabilmente ad un inasprimento delle condizioni del credito, limitando la domanda in un momento critico”.