Società

Siria: Obama vuole guerra lampo, Italia si tira fuori

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

NEW YORK (WSI) – Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna pronti a sferrare un attacco militare contro la Siria. Al momento sono in corso consultazioni tra il presidente americano Barack Obama e i leader internazionali. Obama pensa a una guerra lampo, mentre l’Iran parla di “ritorsioni anche su Israele”, facendo salire alle stelle il termometro delle tensioni geopolitiche. Alcune fonti di Damasco dichiarano: “Se gli Usa ci colpiranno siamo pronti a contrattaccare Israele”. “Se Damasco viene attaccata, anche Tel Aviv verrà presa di mira e una vera guerra contro la Siria produrrà una licenza per attaccare Israele”, avrebbe detto la fonte anonima all’agenzia iraniana Fars – Siamo sicuri che se la Siria è attaccata – ha affermatoil militare siriano – anche Israele sarà messo a fuoco e un simile attacco impegnerà i vicini della Siria”.

Un qualsiasi attacco andrebbe a colpire secondo le fonti target ben precisi, ovvero gli arsenali militari della Siria: non avrebbe invece come obiettivo la deposizione del regime di Bashar al Assad.

“Questa non sarà una guerra nel Medio Oriente; non ha neanche a che fare con il conflitto in Siria – ha detto Cameron, stando a quanto riporta Bloomberg, in un intervento televisivo – Ha a che fare con l’utilizzo di armi chimiche, al fine di far capire al mondo che siamo contrari al loro uso”. Il riferimento è all’attacco con armi chimiche che, stando a quanto hanno reso noto i ribelli, ha ucciso la scorsa settimana, a Damasco, 1.300 persone.

Un attacco militare potrebbe però essere ritardato almeno fino a quando gli ispettori delle Nazioni Unite, che si trovano in Siria, non abbiano in mano prove sul possesso e utilizzo di armi chimiche. Gli ispettori hanno riferito che avrebbero bisogno di altri quattro giorno per completare il loro lavoro. Troppo tempo, forse, visto che altre fonti riferiscono che già domani potrebbe arrivare l’ok all’inizio delle operazioni militari.

Intanto la Russia, contraria a un intervento militare, sta procedendo all’evacuazione di 80 dei suoi cittadini che si trovano in Siria e potrebbe inviare un altro aereo.

Contraria anche l’Italia, che si rifiuta di intervenire senza un mandato delle Nazioni Unite. “L’Italia non prenderebbe parte a soluzioni militari al di fuori di un mandato del Consiglio di sicurezza dell’Onu”, ha precisato il ministro degli Esteri Emma Bonino alle Commissioni Esteri congiunte. E anche se ci fosse il via libera dell’Onu, non scatterebbe “nessun automatismo” ma si aprirebbe uno “scenario di legalità internazionale ad oggi totalmente inesistente” che aprirebbe la strada ad un “serio dibattito in Parlamento”. Lo ha detto il Ministro degli Esteri Emma Bonino rispondendo ad una domanda “Radio anch’io”.

“La Siria non è il Kosovo, non è così chiaro chi dobbiamo andare ad aiutare. I gas nervini sono un’atrocità ma solo le Nazioni Unite possono arrivare a conclusioni certe – ha ribadito Bonino in una intervista al Mattino -Voglio essere chiara: siamo di fronte a un crimine di guerra e il governo italiano si associa pienamente alla condanna internazionale. Tuttavia l`Italia non parteciperà attivamente ad azioni militari deliberate e attuate al di fuori del contesto delle Nazioni Unite.

Il ministro ha ricordato che “il nostro Paese è già impegnato ai limiti delle sue possibilità in diversi teatri internazionali: in Libano con 1100 uomini, in Afghanistan con 3200 soldati, nei Balcani con 650 effettivi, nell`Oceano Indiano con più di 300 uomini, nel Sinai con 80 osservatori”, senza citare tutte le altre presenze minori, “in Libia, Somalia, Mali, Emirati Arabi, Malta etc. per un totale di quasi 6000 militari”.

Damasco, dal canto suo, è pronta a reagire. “Abbiamo tutti i mezzi per difenderci e li sorprenderemo. Dobbiamo credere nella nostra vittoria”, ha detto il ministro degli Esteri Walid al-Muallem.

“Non c’è alcuna rassicurazione sul fatto che un attacco limitato non scatenerebbe una dura reazione da parte del regime, dando il via a un’escalation – ha commentato Jeffrei White, ex analista della Defense Intelligence Agency, ora professore presso il Washington Institute for Near East Policy.