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Seconda metà del 2018: cosa c’è nei radar dei gestori

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La seconda metà del 2018 sembra lasciare poco spazio a opportunità facili: le occasioni “sono difficili da individuare”, ha ammesso Tim Cockerill, investment director presso Rowan Dartington, principalmente a causa di valutazioni di mercato già elevate.

“Esiste ancora chiaramente una preferenza per le azioni rispetto alle obbligazioni e si può ancora giustificare il sovrappeso in portafoglio in Giappone, Asia e mercati emergenti”, ha detto a Investment Week, “ma la direzione del dollaro e ciò che gli Stati Uniti hanno in programma per quanto riguarda i dazi saranno elementi fondamentali”.

Tra i gestori un manager ottimista, in particolare, sull’azionario europeo è Andrew Harman, senior portfolio manager, multi-asset solutions presso First State Investments: “La crescita europea si è attenuata nel 2018 a seguito di risultati forti lo scorso anno: un euro più forte ha ostacolato la crescita delle esportazioni e i survey sulla fiducia indicano un calo della spesa delle famiglie. Ma l’Europa è cresciuta per 19 trimestri consecutivi e le prospettive di crescita degli utili restano in buona salute e, come tale, vediamo ancora un valore selettivo nelle azioni europee”.

Patrick Thomas, investment manager presso Canaccord Genuity Wealth Management, esprime maggiore interesse per il mercato statunitense, nonostante la maturità del ciclo economico, a dispetto dei mercati emergenti. La crescita di questi ultimi “continuerà a faticare in un contesto in cui il dollaro rimane forte”.

Secondo Dan Kemp, chief investment officer Emea di Morningstar Investment Management Europe, il debito dei mercati emergenti in valuta locale resta, tuttavia, “l’opportunità a maggior rendimento nel nostro universo investibile”.