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Prodi: “non credo a contagio Brexit, ma Europa si sfalda”

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L’ex presidente del Consiglio Romano Prodi, uno dei padri della fase più recente dell’integrazione europea fondata sulla moneta unica, non vede nella Brexit il rischio che la rottura possa propagarsi anche nell’Europa dell’Est, ove diversi Paesi sono guidati da governi d’ispirazione nazionalista.

Non penso a un contagio anche perché per molti Stati che si lamentano, ad esempio quelli dell’Est, l’Europa è molto conveniente e l’uscita significherebbe la perdita di aiuti importanti per le loro economie”, ha detto Prodi, in un’intervista ad Atlantide. Continuando l’ex premier ha affermato che “la Brexit segna piuttosto un altro passaggio del progressivo sfaldamento del progetto europeo assieme all’indebolimento della Commissione e alla prevalenza di un’idea chiusa di nazione rispetto a un’idea aperta di comunità sovranazionale. E’ un segnale di involuzione da parte di un’Europa sempre più dimentica della sua storia e della sua vocazione, che è di ponte tra i popoli”.

La questione dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, in altre parole, significa molto per il clima culturale, ma, in sé, non ha la forza di trascinare altri Paesi membri fuori dal perimetro comunitario.

Comprensibile, per Prodi, il giudizio di Papa Francesco su “un’Europa stanca e invecchiata, non più fertile e vitale, dove i grandi ideali che l’hanno ispirata sembrano aver perso forza attrattiva”.

L’ex presidente della Commissione europea ha notato con amarezza che l’Europa divisa in primo luogo dalla crisi dei migranti sembra più intenta ad “assicurare e dominare spazi più che generare processi di inclusione e trasformazione”, “un’Europa che si va trincerando” in un’emergenza migratoria affrontata “in ordine sparso”, senza “un progetto unitario e una strategia coordinata”.

“L’atteggiamento di fronte alla vicenda dei migranti è una cartina tornasole di un disorientamento generale che riguarda anche altri temi, come la politica bancaria e le politiche sociali”, ha proseguito Prodi, ammettendo che la questione dell’immigrazione impressiona più delle altre per la forza visuale che imprime il passaggio di migliaia di vite umane. Ma, allo stesso tempo, sono evidenti i segni di un deterioramento che lede tutta quell’autorità che i Paesi membri non riconoscono più all’Unione Europea, la creatura sovranazionale che avrebbe dovuto saper moderare i loro rispettivi interessi.