Economia

Pensioni, in Italia disparità finanziaria enorme tra generazioni

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In Italia con la riforma del sistema pensionistico si sta creando una disparità finanziaria enorme tra le generazioni. Negli ultimi 50 anni in Italia il rapporto tra persone che lavorano e i pensionati è sceso da sette a due e mezzo: questo fa sì che si verificherà una disparità finanziaria, anche all’interno di uno stesso nucleo familiare.

Lo standard di vita che i pensionati devono aspettarsi è in generale sotto la media mondiale e inoltre non sono così tanti gli anni in cui gli italiani potranno godersi la vita fuori dal mondo lavorativo. Dal 2021 infatti, senza agevolazioni particolari, si andrà in pensione a 67 anni: significa che al massimo ci saranno 22 anni al massimo, un periodo relativamente breve, per godersi l’assegno previdenziale.

Sono alcune delle considerazioni principali contenute nel primo “International Pension Gap Index“, report del Chief Investment Office di UBS Wealth Management in cui vengono esaminati i vantaggi dei sistemi pensionistici obbligatori in dodici paesi, dal Nord America all’Europa, fino all’Asia-Pacifico e dal quale emerge anche che i requisiti di risparmio sono quattro volte più alti in Italia rispetto alla Svizzera.

Lo studio calcola la percentuale dell’attuale reddito netto che un cittadino di cinquant’anni deve risparmiare privatamente per garantirsi un adeguato standard di vita una volta raggiunta la pensione. Dallo studio emerge che in nessuna di queste città il risparmiatore medio può affidarsi esclusivamente al sistema pensionistico obbligatorio per finanziare il proprio costo della vita una volta in pensione. (Il report confronta le città in modo omogeneo utilizzando un case study chiamato “Average Jane”, che evidenzia anche alcune delle sfide che gli investitori femminili devono affrontare in queste città).

La Svizzera occupa la prima posizione del Pension Gap index. Tra le città che UBS ha analizzato infatti, a Zurigo Jane può contare su un sistema pensionistico obbligatorio che, ad oggi, le permette uno standard di vita migliore. I risultati dell’Asia-Pacifico sono contrastanti: l’Australia e Singapore, nonostante occupino la seconda posizione della classifica mondiale, sono abbastanza distanti dalla Svizzera, mentre Giappone, Hong Kong e Taiwan ricoprono le ultime posizioni.

In base a quanto emerso dall’”Average Jane”, i requisiti di risparmio in Francia, Germania, Italia e Regno Unito sono quasi quattro volte più elevati rispetto alla Svizzera. Negli Stati Uniti e in Canada, invece, Jane deve risparmiare più della metà del reddito attuale. Le città utilizzate come case study sono: Londra (Regno Unito), Monaco (Germania), Parigi (Francia), Milano (Italia), Zurigo (Svizzera), New York (USA), Toronto (Canada), Sydney (Australia), Hong Kong, Tokyo (Giappone) e Taipei (Taiwan).

In un report separato, il Mercer Melbourne Global Pension Index giunto alla sua nona edizione, emerge come il sistema delle pensioni italiano sia migliorato leggermente sebbene si dimostri ancora debole dal punto di vista della sostenibilità. Il MMGPI è la più completa indagine globale sui sistemi pensionistici condotta da Mercer e dall’Australian Centre for Financial Studies (ACFS), con il supporto dello stato di Victoria e dal Finnish Centre for Pensions, L’indice, che quest’anno prende in esame 30 Paesi e i relativi sistemi pensionistici, vede la Danimarca confermarsi in testa per il sesto anno consecutivo. Migliora leggermente il piazzamento in classifica dell’Italia.

ITALIA

Dal pay as you go al finanziamento di capitale

L’Italia si trova in una fase di transizione. Fino agli Anni 90, il sistema pensionistico del Paese era un singolo piano di benefici definito a livello pubblico. Nel 1995 la riforma pensionistica ha introdotto un piano di contributi completamente sovvenzionato per i nuovi soggetti del mondo del lavoro. Tutto questo si traduce nel fatto che gli attuali lavoratori, piuttosto che contribuire alle entrate mensili dei pensionati, durante tutta la loro carriera lavorativa si trovano a risparmiare per garantirsi la pensione.

I datori di lavoro e i dipendenti rappresentano, insieme, circa il 33% del salario, con un rapporto 1:2. Il capitale pensionistico ha una crescita annua ad un tasso del PIL nominale che deve tener contro dell’inflazione e della crescita economica. Quando giunge il momento della pensione, la cifra effettiva viene calcolata con un coefficiente di trasformazione deciso dal Governo e che si basa sui contributi versati e sull’aspettativa di vita. La nuova legge stabilisce che la pensione si può ottenere dopo 35 anni di lavoro.

Inoltre, il nuovo sistema pensionistico stabilisce che i lavoratori devono accantonare circa il 7% del loro stipendio in un fondo pensione privato, denominato Trattamento di Fine Rapporto (TFR). Questo fondo, però, esisteva già in precedenza ma era destinato a coprire i periodi di disoccupazione ed era detenuto dal datore di lavoro. Oggi, invece, viene versato direttamente in un fondo pensione privato.

Il tasso di ricambio generazionale diminuirà

Jane, che è entrata a far parte del mondo del lavoro prima del 1995, quando ancora doveva essere introdotta la nuova riforma delle pensioni, riusciva a ottenere approssimativamente il 67% del suo stipendio, percentuale decisamente più alta rispetto a quello che i giovani lavoratori, coloro che sono entrati sul mondo del lavoro dopo il 1995, possono stimare in base alla nuova riforma. La pensione di Jane viene calcolata facendo una fusione tra i due sistemi. Questo vuol dire che adesso è costretta a risparmiare, al mese, circa il 41% in un fondo privato per riuscire ad assicurarsi che la pensione copra i bisogni basilari della sua vita a Milano.

È importante sottolineare, però, che questo risultato è stato calcolato sulla base della pensione statale, in quanto supponiamo che Jane manterrà il suo TFR nelle mani del datore di lavoro piuttosto che depositarlo sul fondo pensione. Per i lavoratori più giovani, la somma integrativa versata in un fondo privato dovrebbe compensare la riduzione dell’importo che ricevono dal sistema pensionistico pubblico.

L’Italia, come molti altri paesi europei, ha tenuto conto del fatto che l’aspettativa di vita sta aumentando. Per legge, l’età pensionabile aumenterà a 67 anni entro il 2021. L’aspettativa di vita di Jane è di 88 anni. Questo rende il periodo durante il quale riceverà la pensione relativamente breve, ovvero 22 anni. Questi periodi, però, dovrebbero aumentare per le generazioni future. Negli ultimi 50 anni, in Italia il rapporto tra persone che lavorano e i pensionati è sceso da sette a due e mezzo. Questo fa sì che si verificherà una disparità finanziaria, anche all’interno di uno stesso nucleo familiare. L’utilizzo dei fondi privati volontari diventerà sempre più importante nei prossimi anni.

Ulteriore austerity vuol dire che le pensioni diminuiranno ulteriormente

Sulla scia dele riforme messe in atto negli ultimi 20 anni, il ricambio generazionale, un tempo più copioso, continuerà a diminuire – a tal punto che, secondo noi, raggiungerà il 50% per quelle generazioni che hanno fatto il loro ingresso nel mondo del lavoro dopo il 1995. Oltre all’incremento dell’età pensionabile, questa modifica farà sì che il sistema resti sostenibile, malgrado i complessi fattori demografici. Tuttavia, nel breve termine, sussistono i problemi di sostenibilità.

La spesa pubblica italiana per il sistema pensionistico, in percentuale di PIL, rimane una delle più alte tra i Paesi del nostro campione. Considerato il suo elevato rapporto con il PIL, il Governo potrebbe prendere in considerazione ulteriori misure di austerity riducendo nuovamente il tasso di ricambio generazionale oppure aumentando ancora una volta l’età pensionabile. Inoltre, in un contesto economico debole, il capitale pensionistico legato alla crescita del PIL ne risentirà. Stimiamo che la nostra analisi possa avere un margine d’errore del 20%.