Economia

Pensione di cittadinanza: Stato può permetterselo

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Se ne parla tanto ma è giusto ritornarci: c’è un errore concettuale nella vigente concezione del sistema pensionistico. Le pensioni non vanno considerate come una specie di risparmio accantonato durante la vita lavorativa degli individui che versano contributi, o, come si faceva prima, una retribuzione differita ancorata ai livelli retributivi finali della carriera degli individui. È sbagliato, secondo l’operatore di mercato Michele Spallino.

Le pensioni vanno piuttosto considerate “una spesa dello Stato, alla stregua di Istruzione e Sanità, Ordine pubblico, etc., e devono essere pagate dalla fiscalità generale, cioè dalle entrate statali”. Come? Con una misura che sia una sorta di pensione di cittadinanza. Da questa profondamente diversa concezione delle pensioni, discendono importanti conseguenze teoriche e pratiche, secondo il blogger che aveva già avanzato proposte alternative al sistema previdenziale mal funzionante attuale. “Innanzitutto esse devono essere uguali per tutti, così come le prestazioni sanitarie, scolastiche e via dicendo”.

Ve l’immaginate, si chiede Spallino, “se lo Stato dicesse che la scuola pubblica non è uguale per tutti, bensì differenziata in base ai livelli retributivi dei genitori, e idem per le prestazioni sanitarie? Naturalmente questo livello uguale per tutti di prestazioni dello stato anche previdenziali, in una società moderna e capitalistica si accompagna a sistemi paralleli privatistici, in cui coesistono scuole private, cliniche private e quindi anche previdenze private, che ognuno si paga in base ai mezzi di cui dispone”.

In secondo luogo, i famosi contributi spariscono, nel senso che vengono incorporati nelle tassazioni vigenti, ad esempio l’Irpef aumenta in una misura tale da consentire al bilancio dello stato di essere in equilibrio, pagate le pensioni e le altre spese. “Si semplifica e si rende chiaro tutto il sistema, senza l’ignobile differenza oggi esistente tra lavoratori dipendenti e gli altri che magari evadono questi famosi contributi, però poi si ritrovano con pensioni da fame”, scrive Spallino in una email a Wall Street Italia.

“Vi sembra fantascienza? sul piano delle cifre, è tutto realistico, ad esempio oggi il bilancio dello stato spende 200 e passa miliardi di pensioni l’anno che consentirebbero di pagare pensioni da mille euro netti al mese a 20 milioni di pensionati. Quindi basterebbe già oggi incorporare i contributi (a vario titolo incassati) nelle aliquote fiscali e ci si potrebbe consentire di garantire mille euro di pensione netta a ciascun individuo da 60 anni in sù (ce ne sono 20 milioni in Italia). Altro che 67 anni!. Inoltre se mille euro sembrano pochi, occorre considerare alcune cose: una coppia, incasserebbe 2000 euro netti, e certo non farebbe follie ma potrebbe vivere dignitosamente, specie se ha una casa di proprietà. Finirebbe lo scandalo delle pensioni d’oro, dei baby pensionati e le mille altre storture di un sistema che da noi in particolare è andato incorporando il peggio”.

Pensione, non reddito, di cittadinanza

“Sarebbe tutto molto semplice ed efficace, ripeto, con la possibilità per tutti quelli che desiderano aggiungere alla pensione di Stato, proprie pensioni integrative, fatte durante la propria vita lavorativa con assicurazioni, risparmi e piani pensionistici vari, di realizzarle. Non si venga a dire che il sapere di avere diritto a partire dai 60 anni a una pensione garantita da mille euro (valore attuale potere d’acquisto) al mese (12 mensilità), toglierebbe l’incentivo a darsi da fare durante i 40 anni di vita lavorativa! Piuttosto, tale sicurezza finale può favorire enormemente i comportamenti di consumatori e risparmiatori, dunque del sistema economico.

Invece di redditi “di cittadinanza”, spesso sussidi disoccupazionali mascherati come quelli finora proposti, o lavori “di cittadinanza” sottopagati, che realmente potrebbero disincentivare e comunque distorcere il normale impegno delle persone durante la vita lavorativa, molto meglio sarebbe una pensione di “cittadinanza” se così la si vuol chiamare, come quella qui proposta.

Infatti “avere un esercito di pensionati relativamente giovani (iniziando a 60 anni) , per chi vuole- ovvio chi preferisce continuare a lavorare può farlo nessuno glielo impedisce, come già oggi-, e con una dignitosa autosufficienza economica , produce un esercito di nonni in grado di aiutare le nuove generazioni, e un prevedibile minor tasso di malattie nella società con benefici economici sulla sanità nazionale. E libera posti di lavoro!”

“Certo, lo capisco, è una rivoluzione concettuale rispetto alla mentalità esistente. Ma se ci si riflette bene….la si potrebbe proporre anche in Europa”. E tra l’altro “con i diritti acquisiti del passato come la mettiamo? non entro qui in questo merito applicativo, ma ovviamente la soluzione si potrebbe facilmente trovare, basta battezzare un anno zero a partire dal quale inizia il nuovo sistema. Più del passato conta il futuro, o no?”