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PECCATO, SINDACI: SU ALITALIA SBAGLIATE

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(WSI) –
Con tutto il grande rispetto personale che si
nutre per loro, la lettera congiunta firmata ieri sul Corriere della Sera dai
sindaci di Roma e Milano è un’ottima testimonianza di come nel nostro
Paese – di fronte a un colossale fallimento della conduzione pubblica
di aziende – si preferisca pestar acqua nel mortaio.

Chi scrive non ha
la pretesa di convincere alcuno, naturalmente.Fa solo presente che da
anni e anni, a ogni management Alitalia che veniva puntualmente lasciato
per strada dall’azionista pubblico, incapace di dire i sì e i no senza
i quali si continuava a perdere a rotta di collo, con sempre maggior
conferma di andamenti negativi ha argomentato che non c’era possibilità
di reggere senza interruzione della continuità aziendale: ciò riguarda
i contratti di chi lavora in Alitalia a parametri da anni non più giustificati
dagli andamenti, come l’intero perimetro aziendale di attività
estranee al core business, come la sciagurata doppia scelta di hub imposta
dalla politica – trasversalmente, destra e sinistra d’accordo per crinali
geografici – all’incolpevole compagnia.

Di fronte a tutto questo, ripetere
come fanno Veltroni e Moratti che Alitalia «va» salvata, che il meglio
della banca, dell’impresa e della finanza italiana
«devono» scendere in campo per sobbarcarsi continuità
di scelte che nessun privato mai avrebbe intrapreso
senza dover fare rapidamente marcia indietro,
significa continuare a fare solo propaganda.

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Mi rendo
conto che può apparire a molti un giudizio urticante
e anche un po’ presuntuoso.E che ai giornali
di Roma e Milano è più comodo pubblicare cose simili
per difenderne gli aeroporti: senza capire che
da un’Alitalia monopolista inefficiente hanno perso
entrambe, sia Roma sia Milano.Ma chi scrive conosce
i bilanci di Alitalia e dei suoi concorrenti da anni,
dei sindaci firmatari lo stesso non saprei dire.

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