di Francesco Verolino

Mps, salvataggio da 8,8 miliardi non risolve nulla

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Cento nominativi di potenziali destinatari di operazioni sospette. Questo è l’elenco di MPS che vede nominativi pesanti, legati al mondo dell’imprenditoria, di Confindustria, della politica. Nel 2012 una piccola banca della Campania, la Banca Popolare di Sviluppo, oggi Banca Regionale di Sviluppo SPA, facente capo al Patron Cavaliere Punzo finanziava MPS con una operazione di 50 milioni di Euro al 5% annuo.

Oggi, si scopre che il Cavaliere Punzo è tra i primi 100 debitori e MPS ha convertito il proprio credito in capitale del Cisfi. Oltra la partecipazione, tra gli incagli di MPS compare il CISFI per 11 milioni di euro. Non è strano che nel 2013 Banca d’Italia sia intervenuta per la presenza eccessiva nel capitale della banca che, all’epoca, era una piccola banca popolare.

In tema di trasparenza bancaria del sistema, è opportuno chiarire alcuni punti fondamentali. Banca d’Italia ha l’obbligo di vigilare e il controllo può avvenire a campione, ma Banca d’Italia ha anche tutti gli strumenti per individuare le operazioni sospette. Primo tra tutti gli strumenti la Centrale dei Rischi. Operazioni di importo elevato sono solitamente effettuate in pool, quindi gruppi di banche suddividono il rischio delle operazioni.

Se è vero che MPS ha finanziato il CISFI, chi altro è intervenuto? Anche se la compartecipazione di certe banche non implica un illecito, se si parla di operazioni sospette e Banca d’Italia deve correggere comportamenti non idonei a garantire la trasparenza bancaria, così come la magistratura deve intervenire nei comportamenti illegittimi.

Non solo, sempre in tema di centrale dei rischi, corre l’obbligo di precisare che esiste una differenza tra i crediti: sofferenze, incagli e ad elevato rischio, teoricamente risk free (titoli di Stato). In questa graduazione, la banca ha l’obbligo di accantonare risorse al fine di garantire il risparmio.

Allo stato attuale le sofferenze di MPS ammontano a 47 miliardi e il “salvataggio” è di 8,8 miliardi, circa il 20%. Occorre comprendere, tuttavia, quante partecipazioni in aziende in default che, sotto gli occhi dell’opinione pubblica non verranno più salvate da operazioni bancarie sui generis, quanti incagli diventeranno sofferenze, quanti altri crediti diventeranno ancora più rischiosi per un ulteriore indebolimento della filiera banche – imprese.

A ciò si aggiungono altri due aspetti, quanti contenziosi per illeciti completeranno il proprio percorso e soprattutto le problematiche gestionali di una banca che perde quotidianamente milioni di raccolta.

Quindi gli 8,8 miliardi di euro non sono il salvataggio della banca o dei risparmiatori. Rappresentano, esclusivamente, una idonea dotazione di liquidità per i prossimi mesi inutile e che non risolve il problema.