di Avv. Francesco Pizzuto Avvocato esperto in particolare in ambito giuslavoristico previdenziale. Ha conseguito la Laurea in Giurisprudenza e la Laurea in Scienze Giuridiche presso l’Università del Salento. Collabora con alcune riviste giuridiche: Il Sole 24ore (Diritto24), Giuffrè, Altalex. Pubblicazioni recenti: “Assistenza e previdenza. Paradossi all’italiana.” , Cacucci Editore (2017).

Lavoro: come accedere al REI attraverso l’isee “corrente”

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A cura dell’Avv. Francesco Pizzuto

Il reddito di inclusione, finanziato con le risorse del fondo povertà (1,845 miliardi di euro), rappresenta lo strumento messo a punto in favore delle famiglie in difficoltà economica. Si tratta di un sostegno non esclusivamente finalizzato agli acquisti e al contante, bensì anche all’integrazione in programmi lavorativi.

Nonostante tra gli obiettivi principali del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ci sia quello di “informare sulle opportunità offerte dalla nuova misura e sulle modalità di accesso al beneficio”, e malgrado le sterminate note informative, gli schemi, i riassunti e le pagine web appositamente dedicate, non si legge, quasi inspiegabilmente, una indicazione per certi versi fondamentale. Una peculiarità forse sottointesa dal legislatore, ma che se non conosciuta o, per errore o negligenza, tralasciata, preclude di fatto l’accesso alla nuova misura di contrasto alla povertà.

Si noti che tra i requisiti economici si fa espresso richiamo al valore “isee” o “isee ordinario”, e ciò accade sia per l’indicazione della soglia minima (6.000,00 Euro), sia ogniqualvolta tale indicatore risulti menzionato in merito ai tempi di validità, alle scale di equivalenza, ecc. Il Ministero (così anche l’Inps), più che evidenziare i fondi destinati, la copiosità delle istanze e la futura universalità di questa misura, rimarcandola quasi con ostentazione, farebbe bene a far luce sui soggetti potenzialmente beneficiari non richiedenti.

Non si può nascondere che un meccanismo predisposto a tutela degli individui più bisognosi debba essere il più chiaro possibile, tanto per scongiurare sviste irreparabili, fonti di iniquità e disagio, quanto per consentire l’opportuna conoscenza anche ai profani del settore, dunque proprio ai diretti interessati.

Il nodo della questione porta il nome di “isee corrente”. Mentre in passato la DSU, quindi il relativo modello esemplificativo isee, aveva una validità annuale e ne era impedito l’aggiornamento, dal 2015 tale possibilità è concessa a patto che sussistano alcuni eventi tali da produrre una variazione della situazione reddituale sfavorevole superiore al 25% rispetto a quella indicata nella precedente attestazione, come nel caso di perdita dell’occupazione (anche da parte di un solo componente del nucleo familiare).

Questo significa che, potendo utilizzare un isee aggiornato alla situazione degli ultimi dodici mesi, anziché far riferimento (come di consueto) al reddito di due anni precedenti la dichiarazione, numerose famiglie, “estromesse” per via dell’utilizzo dell’isee ordinario, potrebbero soddisfare il requisito reddituale richiesto dal REI.

* Sull’autore: Avvocato esperto in particolare in ambito giuslavoristico previdenziale. Ha conseguito la Laurea in Giurisprudenza e la Laurea in Scienze Giuridiche presso l’Università del Salento. Collabora con alcune riviste giuridiche: Il Sole 24ore (Diritto24), Giuffrè, Altalex. Pubblicazioni recenti: “Assistenza e previdenza. Paradossi all’italiana.” , Cacucci Editore (2017).