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Maggioranza asset manager ora tiene conto del cambiamento climatico

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Il cambiamento climatico e l’impegno internazionale per moderare le emissioni serra,sono una preoccupazione crescente per i più grandi asset manager globali. Secondo un report della Ong britannica Asset Owners Disclosure Project (Aodp), per la prima volta la maggioranza dei 500 più grandi gestori globali hanno incluso il rischio finanziario legato al cambiamento climatico nelle proprie analisi: a tenerne conto nel 2016, infatti, sono il 60% del totale, vale a dire il 18% in più rispetto al 2015.

Se si considerano i primi 50 investitori istituzionali, che costituiscono circa il 70% degli asset in gestione nel mondo, sono solo tre fondi Usa a non preoccuparsi del rischio finanziario del cambiamento climatico.

Secondo l’Aodp l’Accordo di Parigi e l’impegno globale contro il cambiamento climatico messo in agenda da numerosi Paesi sta rapidamente incentivando il mondo finanziario verso investimenti collegati all’industria a basse emissioni di CO2. Negli Stati Uniti, ad esempio, sono stati 55 i miliardi di dollari destinati a quest’ultimo settore, il doppio rispetto all’anno scorso e lo 0,5% del totale.

Nonostante questo cambiamento nella valutazione dei rischi, i gestori che hanno effettivamente cambiato strategia sul piano operativo sono ancora una minoranza: il 22% (erano il 19% nel 2015).

“È scioccante che molti fondi pensione e assicurazioni stiano ancora ignorando il rischio climatico giocando d’azzardo con i risparmi e la sicurezza finanziaria di milioni di persone”, ha detto il Ceo dell’Aodp, Julian Poulter, “mentre il numero di questi fondi ‘ritardatari’ diminuisce, l’esposizione a una correzione dei prezzi di mercato cresce significativamente e il momento in cui sarà troppo tardi per evitare perdite di portafoglio potrebbe avvicinarsi”.

A non prendere azioni concrete per ricalibrare il portafoglio sono 201 fondi, il cui peso è di 12.500 miliardi di dollari in gestione. I Paesi nei quali gli investitori istituzionali sono stati meno reattivi sono Germania (il 68% dei fondi non ha operato di conseguenza al climate risk), Cina (67%) e Stati Uniti (63%). I fondi più attivi nel cogliere le opportunità del settori che probabilmente andranno a guadagnare dalla transizione a una economia più “pulita” sono quelli neozelandesi, svedesi, finlandesi e francesi.