Economia

Luxottica, valzer AD esempio di protagonismo aziendale all’italiana

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ROMA (WSI) – Non sono molte le società che nel giro di 18 mesi hanno cambiato ben tre amministratori delegati, come è recentemente capitato a Luxottica, con la partenza di Adil Mehboob-Khan. Prima di lui era toccato a Andrea Cavatorta, sostituito dopo 40 giorni di lavoro allo storico ad, Andrea Guerra, che ha guidato il colosso italiano dell’occhialeria per un decennio.

Il conto pagato dalla società è stato salato, nel complesso sono più di 200 i milioni pagati per l’uscita di scena dei tre manager, fra compensi, buonuscite e stock option.

Questi avvicendamenti, che è chiaro, non sono mai un buon segno di salute per qualsiasi azienda, hanno attirato anche l’attenzione del Financial Times che, senza giri di parole, spiega questo fenomeno con il protagonismo del fondatore e presidente di Luxottica, Leonardo Del Vecchio. In particolare il presidente della società non avrebbe lasciato i Ceo liberi “di fare il loro lavoro nella maniera più appropriata”.

E’ il ritornello del capitalismo all’italiana che viene intonato per l’ennesima volta: una conduzione familiare, come quella tipica di molte aziende nostrane, rischia di mettere in pericolo efficienza ed investimenti. Un trend ribadito recentemente anche dall’economista Luigi Zingales che aveva scritto come

“in Italia, gli azionisti di riferimento non vogliano dei manager bravi, perché i manager bravi hanno alternative e quindi non si piegano sempre ai loro voleri: hanno il coraggio di dissentire”.

Adil Mehboob-Khan aveva dichiarato di essersene andato perché Luxottica necessitava “della visione strategica e della rapidità d’azione del suo fondatore”, anche se quei 7 milioni riconosciutigli dalla società parlano chiaro su come siano andate le cose: è stato accompagnato alla porta.

L’occhio esterno del Ft sembra stupirsi del fatto che, per condotte di questo tipo, non si sollevino molte critiche nei confronti della dirigenza, citando un commento di Exane Bnp Paribas nel quale veniva lodata la determinazione di Del Vecchio che “a 80 anni è un esempio per noi tutti”.

“Con critiche come questa”, conclude il quotidiano britannico, “non c’è da meravigliarsi se l’Italia delle aziende si sente libera di non rispettare le buone norme di governance – e i migliori interessi per gli azionisti di minoranza”.