Società

Lotta al riciclaggio: approssimazioni informative pericolose

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

Lotta al riciclaggio: approssimazioni informative pericolose!

 

Da un sito web “lettera43” ho ripreso parte di un articolo riguardante il dispositivo di contrasto esistente nel nostro Paese da circa trent’anni, avente ad oggetto <<Antiriciclaggio, così l’Italia non tutela l’identità delle gole profonde>>[1].

Al netto di taluni riferimenti contenuti nell’articolo e riguardanti la insufficiente tutela e riservatezza dei segnalanti su cui mi trovo assolutamente d’accordo, laddove molta strada c’è da fare, resto invece sconcertato per un ulteriore passaggio testuale dell’articolo citato quando parla del dovere di segnalazione di operazioni sospette da parte dei soggetti obbligati, a cominciare dalle banche.

In proposito, l’autore dell’articolo, nel commentare un caso pratico fa l’esempio della pizzeria e dice:

<<L’ESEMPIO DELLA PIZZERIA. Mettiamo che io abbia una pizzeria e secondo gli studi di settore debba incassare una media di 500 euro al giorno. Mettiamo anche che io quei soldi li depositi quotidianamente sul mio conto corrente. La volta che dovessi fare un versamento di 3 mila euro, l’operatore dovrebbe subito insospettirsi.

OBBLIGO DEL FUNZIONARIO. Questi è tenuto, infatti, a chiedermi da dove provenga quel denaro e se io gli rispondessi, ricevute alla mano, che la sera prima ho organizzato una festa con tantissimi coperti, potrebbe anche darsi che la cosa si risolva subito, ma se la scusa dovesse risultare poco convincente il funzionario avrebbe tutto il diritto di far partire la segnalazione, anzi ne avrebbe l’obbligo altrimenti potrebbe incappare in sanzioni penali>>.

Detto così, sembra comprendere che la lotta non è al riciclaggio ma all’evasione fiscale, a prescindere dall’importo ovvero dalla individuazione della soglia di rilevanza amministrativa o di rilevanza penale.

Se così fosse, tutte le banche, dovrebbero prendere tutti i clienti titolari di partite IVA che esercitano una qualsivoglia attività economica, fare l’elenco in ordine alfabetico e mandarlo a Roma, guadagneremmo tutti tempo e denaro.

Nel contempo sarebbe un decisivo contributo per fare “ammuina”, come al tempo del Regno delle due Sicilie.

Per fortuna non è così anzi, non è mai stato così!

Per quanto possibile in questa sede cercherò di dare un modesto contributo di chiarezza.

Obbligo normativo

I soggetti obbligati e per essi, in primo luogo le banche ed i professionisti – legali e contabili – quando hanno ragionevoli motivi per sospettare che siano in corso, siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio devono procedere immediatamente (prima del 4 luglio si diceva “senza ritardo”, adesso prima di dare corso all’operazione richiesta dal cliente) a inoltrare una segnalazione di operazione sospetta alla Unità d’informazione finanziaria quale articolazione della Banca d’Italia.

Quando ci troviamo in presenza di una ipotesi di riciclaggio[2] di cui all’art.648bis del cp – ovviamente parliamo sempre di sospetto ?

L’articolo citato del codice penale stabilisce: “Fuori dai casi di concorso nel reato – quindi necessita di un soggetto terzo estraneo al reato presupposto[3] – chiunque, sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie ….”.

Torniamo a questo punto all’esempio del pizzaiolo che un giorno decide di versare tremila euro al posto delle cinquecento abituali.

Secondo voi, un operatore economico che, come dall’esempio citato, versa la somma di tremila euro sul “conto aziendale”,  per il quale sono state istituite le scritture contabili – partita IVA e registrazione alla Camera di commercio – ovvero presenta regolari dichiarazioni annuali ai fini delle imposte dirette ed indirette, potrà mai essere sospettato o addirittura accusato di qualcosa?

Posso mai pensare, io banca o professionista, davanti ad un versamento di tremila euro di trovarmi di fronte ad un riciclatore?

Quand’anche la somma in parola venisse versata su un conto extracontabile – personale dello stesso imprenditore ovvero di un  congiunto – possiamo mai parlare di “delitto non colposo”, cioè commesso con coscienza e volontà quale condotta di rilevanza penale?

Gli articoli 4 e 5 del D.lgs n.74/2000, rispettivamente riferibili alla rilevanza penale della “Infedele dichiarazione” e “omessa dichiarazione” fissano un importo di almeno cinquanta volte superiore all’importo indicato nell’esempio, ovviamente se parliamo di contro extracontabile.

Ricordo, anche a quelli che si autodefiniscono addetti al lavori che, l’ipotesi delittuosa quale reato presupposto alla condotta posta in essere successivamente, necessaria per inquadrare la fattispecie del nostro sventurato pizzaiolo ad una ipotesi di “riciclaggio”, secondo il nostro ordinamento giuridico, contempla l’ergastolo, la reclusione e la multa e certamente non può essere quella di un mero rilievo amministrativo come nel caso che qui ci occupa.

Conclusioni

Ho parlato infinite volte del riciclaggio da evasione fiscale e del rapporto esistente fra causa ed effetto per inadempienze di carattere tributario ma ancora oggi, anche per effetto di una lacuna istituzionale, continuano a circolare commenti e indiscrezioni sul tema della “collaborazione attiva” a volte neanche verosimili.

Non si può stabilire un obbligo normativo della “formazione antiriciclaggio” e poi non stabilire un Albo dei soggetti a ciò abilitati.

Ma siamo in Italia, dove spesso si fa “chiacchiere & distintivo” come diceva qualcuno.

Si salvi chi può!

================

 

[1] Vincenzo Imperatore: Antiriciclaggio, così l’Italia non tutela l’identità delle gole profonde – Solo 101 mila denunce nel 2016. Su circa 35 milioni di conti correnti. Perché? L’anonimato dei segnalanti non è garantito. E i meno coraggiosi vengono inibiti. Un top manager di una banca spiega come funziona.

 

[2] Volutamente non parlo di “auto riciclaggio”, quale fattispecie introdotta solo nel dicembre del 2014 nel nostro ordinamento giuridico

[3] Per il solo obbligo amministrativo della Sos, scatta il contenuto dell’art.2 del d.lgs 231/07 dove presuppone anche una partecipazione diretta all’attività criminosa