Società

Legge elettorale, uno a uno ecco chi sono i franchi tiratori

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Da ieri sui grandi giornali mainstream italiani si fa un gran parlare soprattuto dei “traditori” del MoVimento 5 Stelle che hanno votato a favore di un emendamento contro la riforma della legge elettorale ieri, facendo naufragare il testo e con esso le speranze di andare al voto anticipatamente, probabilmente il 24 settembre, rispetto alla fine naturale della legislatura prevista per aprile 2018.

Ma i cosiddetti “franchi tiratori” provengono da un po’ tutti gli schieramenti e anche le forze politiche principali in campo che hanno ufficialmente sostenuto il modello tedesco con soglia di sbarramento al 5%. Secondo il giornalista Franco Bechis i parlamentari del PD pizzicati a votare per l’emendamento di Riccardo Fraccaro del M5s e di Micaele Biancofiore di Forza Italia sul Trentino Alto Adige sarebbero almeno 18. Tra questi ci sarebbero anche un renziano doc e un ex ministro.

“Fra i Pd che hanno votato per affossare la legge c’è anche un renziano di peso, come Yoram Gutgeld, commissario alla spending review sia con Matteo Renzi che con Paolo Gentiloni”, scrive Bechis sul suo blog. Nel video sottolinea anche come a votare contro la legge elettorale siano stati anche esponenti del governo. Tra i membri del PD figurano Umberto Marroni, Maria Chiara Gadda, Irene Tinagli, Tommaso Cinotti, Maria Gaetano Greco, Lello Di Gioia, Antonio Cuomo, Maria Carrozza, ex ministro dell’Istruzione, Vincenza Bruno Bosio, Marco Miccoli.

“L’infortunio del voto segreto reso palese da Laura Boldrini ha evidenziato come nei banchi del Pd si siano accese convinti di non essere visibili alcune luci verdi (e invece dovevano essere rosse per bocciare l’elemendamento). E’ accaduto perfino nei banchi del governo, fila dei sottosegretari”.

Molti dei deputati finiti sul banco d’accusa si sono difesi sostenendo di avere fatto un errore iniziale, poi corretto. Ma la correzione è arrivata dopo che la presidente delle Camera Boldrini ha evidenziato l’inciampo nel tabellone, e dopo avere capito che il voto non era segreto.

Se si vota a settembre – scenario molto difficile dopo il ribaltamento di giovedì – i parlamentari perderanno quasi 61 mila euro di vitalizi, che scattano proprio quel mese. È il motivo per cui il MoVimento 5 Stelle era convinto che gli altri partiti non volessero andare al voto prima di ottobre. 

I calcoli li ha fatti Il Sole 24 Ore: “tutti gli eletti a Montecitorio incassano ogni mese 5mila euro netti alla voce indennità, 3.500 euro come diaria (decurtata di circa 200 euro per ogni assenza) e 3.690 euro come rimborso delle spese per l’esercizio del mandato. In tutto fa 12mila euro al mese. Una cifra che, moltiplicata per 5 mesi (da ottobre 2017 a febbraio 2018) fa la bellezza di 60.950 euro. Ecco a quanto avrebbe dovuto rinunciare ognuno dei quasi mille parlamentari”.