Economia

Italia, spesa pubblica al 49,1% del PIL: del 4,5% più alta della media Ue

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La spesa pubblica italiana è molto elevata, pari al 49,1% del Pil, una percentuale del 4,5% più alta della media europea (44,6%). Lo rivela uno studio sul tema a opera del Centro studi ImpresaLavoro.

In Europa spendono più di noi in rapporto al reddito nazionale lordo solamente la Francia (56,4%), la Finlandia (55,9%), la Danimarca (53,6%), il Belgio (53%), l’Austria (50,3%) e la Svezia (49,7%). L’Italia spende quindi quanto la Grecia ma più della Germania (43,9%), della Spagna (42,2%), del Regno Unito (41,4%) e dell’Irlanda (27,3%).

Basandosi sull’elaborazione dei dati OCSE risalenti al 2016 (i più recenti a disposizione), il centro ha esaminato la spesa pubblica in percentuale al Pil suddivisa per funzioni. Dai calcoli emerge che l’Italia destina la quota più significativa di risorse alla spesa per pensioni e nello specifico il 16,3% del Pil.

Il 7,9% del Pil – comunica il centro in un comunicato – è invece dedicato ai servizi pubblici generali, come l’amministrazione e il funzionamento di organi esecutivi e legislativi. Il 6,9% viene speso per il capitolo sanità, il 4,7% per altra spesa sociale (escluse quindi le pensioni), il 3,9% per l’istruzione così come per gli affari economici, l’1,9% per ordine pubblico e sicurezza, e infine l’1,3% per la difesa.

Meno dell’1% del Pil è destinato invece rispettivamente a voci come la protezione dell’ambiente, le abitazioni e i servizi collettivi e infine eventi ricreativi, cultura e religione. “Va tenuto presente che per quanto riguarda l’Italia ogni punto percentuale di Pil corrisponde a un valore pari a circa 16 miliardi di euro“, precisa la nota.

L’analisi del Centro studi ImpresaLavoro confronta inoltre il dato italiano con quello ottenuto dalla media dei valori di cinque Paesi europei: oltre all’Italia anche Francia, Germania, Spagna, Regno Unito. La spesa pubblica totale su Pil italiana risulta essere più alta di 2,5 punti percentuali rispetto a quella ottenuta dalla media dei cinque Paesi presi come riferimento.

In particolare, l’Italia spende in media ben 4,8 punti percentuali in più rispetto alla media per la voce pensioni e 1,8 punti percentuali in più per i servizi pubblici generali. Spende invece meno in rapporto al Pil per le voci altre spese sociali (-3,2 punti percentuali), istruzione (-0,5 punti) e sanità (-0,2 punti). La spesa italiana in rapporto al Pil per i capitoli rimanenti non si discosta invece in modo significativo da quella dei suoi principali competitor.

Se però si prende come riferimento di volta in volta il Paese con la miglior performance in termini di spesa per ogni singola voce (ossia quello che spende meno in percentuale al Pil per ogni singolo capitolo di spesa) si ottiene che la spesa per pensioni su Pil in Italia eccede di ben 10,2 punti percentuali quella del Paese più virtuoso, in questo specifico caso quella del Regno Unito, Paese dove la spesa per pensioni è pari solamente al 6,1% del Pil contro il 16,3% dell’Italia.

L’Italia destina inoltre 3,3 punti percentuali di spesa su Pil aggiuntivi ai servizi pubblici generali e 0,9 in più agli affari economici sempre rispetto al Regno Unito, che spende per queste voci rispettivamente il 4,6% e il 3% del Pil (mentre l’Italia spende il 7,9% e il 3,9%). Per quanto riguarda invece la sanità, la Spagna si rivela il Paese ‘benchmark’ – riporta il comunicato – “poiché spende per questo capitolo di spesa il 6% del Pil, ossia 0,9 punti percentuali in meno rispetto all’Italia”.

“La spesa pubblica in percentuale al Pil in Italia è più alta rispetto alla media europea, ma una parte significativa della spesa è inefficiente quindi è possibile ridurla”, sostiene l’imprenditore Massimo Blasoni, presidente del Centro studi ImpresaLavoro. “Ad esempio, secondo i dati della Ragioneria Generale dello Stato, ci sono regioni come la Lombardia e il Veneto in cui la spesa pubblica consolidata è pari rispettivamente al 24% e al 29% del Pil (all’incirca si tratta di 8.700 euro pro capite) mentre in altre regioni come la Calabria raggiunge addirittura il 66% del Pil, ossia una cifra molto vicina agli 11.000 euro a cittadino senza peraltro offrire servizi migliori. Nel nostro Paese ci sono quindi margini significativi per efficientare la spesa senza ridurre numero e qualità dei servizi offerti”.