Società

Italia, se non si ripulisce università declino è inevitabile

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L’università italiana è stata recentemente travolta dallo scandalo, non certo il primo del suo genere, dei concorsi universitari pilotati. A un ricercatore 49enne, questo il caso da cui è partita l’inchiesta, era stato richiesto il ritiro della domanda di abilitazione, necessaria per l’iscrizione ai concorsi per diventare docente universitario. L’obiettivo era quello di allontanare un ricercatore troppo brillante affinché i soggetti prestabiliti potessero aggiudicarsi i “loro” posti; questa l’ipotesi dell’accusa. Sette professori sono stati arrestati, a vario titolo, per presunte manipolazione dei concorsi.

 

La vicenda, inserita nel contesto più ampio della valorizzazione del capitale umano, rivela ancora una volta un versante del declino italiano che appare molto difficile da invertire. A pubblicare uno sferzante j’accuse contro l’università italiana è una delle maggiori firme de Linkiesta, Francesco Cancellato, il quale non esita dire che “fa schifo”, non solo il caso assurto alle cronache, ma tutta l’università italiana. La qualità del capitale umano, un elemento di ricchezza intangibile, è considerata fra i maggiori fattori determinanti della crescita economica a lungo termine. Dalle università emergono le personalità destinate ad arricchire un Paese, dalla qualità del suo sistema sanitario a quella della classe dirigente. Il fatto che l’istruzione non sia meritocratica, ma “un mercato delle vacche per piazzare l’amico e il mediocre”, scrive Cancellato, mina alla base il futuro di questo Paese. Anche se nessuno, compreso lo stesso Cancellato, si stupisce del caso di specie, né pretende di esprimere, denunciandolo, concetti particolarmente originali, restano i dati a parlare. Per “l’istruzione superiore spendiamo il 7,4% della spesa pubblica complessiva, quattro punti abbondanti sotto la media Ocse” ma “abbiamo tasse universitarie tra le più alte in Europa”.

 

Per molti studenti, ormai disillusi, il sogno è specializzarsi all’estero e lavorare fuori dall’Italia; non è un segreto. E, per dirla come il caustico Alberto Forchielli, forse non lo è nemmeno che, continuando così, il destino del Paese è segnato.