Economia

Guerra dazi si infiamma, ma accordo resta scenario più probabile

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L’incendiaria disputa commerciale tra Cina e Stati Uniti creerà ancora tante turbolenze per i mercati finanziari, ma alla fine dei conti, un’intesa resta lo scenario più probabile, per lo meno secondo Credit Suisse. E così gli investitori ricalibrano le loro posizioni in Europa e Asia, per calcolare l’impatto che avranno le politiche di stampo protezionista dell’agenda Trump su settori e società quotati vari.

L’azionario torna a essere richiesto dopo le vendite diffuse degli ultimi giorni mentre sono ancora in difficoltà le valute dei paesi emergenti. Donald Trump – prima ancora che Pechino facesse in tempo a rispondere alle sue minacce – ha rincarato la dose, promettendo di imporre altri dazi su beni alimentari cinesi per 450 miliardi di dollari complessivi.

Basandosi su quanto riferito da Bloomberg, il ministero cinese del Commercio ha detto che i piani di Trump rappresentano “un ricatto e mettono estrema pressione”, e che risponderà con una serie di contro misure. Un comunicato ufficiale datato 19 giugno recita così “Se gli Usa perdono i loro sensi e pubblicano una lista di dazi, a Cina sarà costretta a intraprendere misure qualitative e qualitative importanti per rispondere con forza” alla minaccia americana.

Nella più classica delle escalation caratteristiche delle guerre fredde, Trump ha chiesto al suo staff di preparare un piano per l’imposizione di nuovi dazi in risposta alle minacce di Pechino, che a loro volta erano una ritorsione contro la sua prima tornata di dazi su acciaio e alluminio. La Casa Bianca ha anche accusato la Cina di “aggressione e spionaggio economici persistenti”.

Secondo i piani della Casa Bianca, il governo individuerà i beni cinesi su cui imporre dazi del 10% con Trump che si prepara ad aggiungere alla lista altri prodotti per 200 miliardi di dollari. Trump ha fatto sapere che la minaccia è necessaria per ridurre il deficit commerciale con la Cina, che si è ampliato a 375,2 miliardi di dollari nel 2017 dai 347 miliardi dell’anno prima.

Nonostante l’intensificarsi delle tensioni, sul mercato azionario tornano a farsi vedere i rialzisti dopo la batosta di ieri quando l’indice Hang Seng ha ceduto più del 3% e il Dow Jones ha perso circa 300 punti pieni, portando sotto zero il computo da inizio anno.

Dopo il calo di ieri, di pari passo con la crescita della domanda per l’obbligazionario Usa così come per altri beni rifugio classici come lo yen, oggi i rendimenti dei Bond tornano a salire. Un aiuto alle Borse arriva anche dalla promessa di misure monetarie accomodanti da parte della banca centrale cinese.

Christa Jenni di Credit Suisse sostiene che, considerati anche i costi politici che questa comporterebbe, è difficile che si concretizzi sul serio una guerra commerciale a tutto campo.

Non va dimenticato infatti che a novembre negli Stati Uniti si tengono le fondamentali elezioni di mid-term e Trump non può permettersi di arrivarci politicamente indebolito, inimicandosi la base del partito Repubblicano (storicamente pro libero mercato) così come le le lobby e le multinazionali Usa.

“Un accordo commerciale rimane lo scenario più probabile“, secondo quanto riferito dall’investitrice al Financial Times, pertanto “siamo ottimisti sulle Borse e valute dei mercati emergenti“.