Economia

Governo, Bagnai: “non siamo una minaccia per l’euro”

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Quando si era saputo che era stato nominato presidente della Commissione Finanze del Senato, i mercati finanziari hanno reagito prendendo la via dei ribassi con l’euro colpito dalle vendite. La sua posizione anti europeista è nota a tutti e chiarita in più di uno dei suoi scritti.

Uno dei libri più letti di Alberto Bagnai, intitolato “Il tramonto dell’euro“, che secondo il leader della Lega Matteo Salvini dovrebbe essere presente negli scaffali di tutte le librerie, parla con toni netti di come l’Italia debba superare l’euro se vuole prosperare. Nel testo si auspica espressamente la fine della moneta unica.

In un’intervista concessa a Reuters, tuttavia, il professore di economia che ha insegnato all’Università di Pescara ha cercato di placare i timori di mercato sul futuro dell’Italia nell’area euro, precisando che il governo giallo-verde non farà nulla per danneggiare l’euro e gli investitori non hanno motivi per temere l’agenda politica dell’esecutivo, la quale è pro mercato e a favore delle imprese.

Quando l’economista anti-euro è stato nominato a capo della Commissione Finanze parlamentare alcuni analisti hanno iniziato a teorizzare che influenzando la politica del governo Bagnai avrebbe potuto portare a uno scenario di Italexit.

Tuttavia, in una intervista concessa all’agenzia di stampa il 55-enne ex professore di economia ha detto che i mercati non hanno capito le sue intenzioni e quelle del governo. L’euro è certamente una cattiva idea, ma questo non significa che il governo Conte sia pronto a dire addio all’Eurozona, con tutte le conseguenze che questo comporterebbe.

“Questo governo, con questo programma, non farà nulla per attaccare l’euro”, ha detto Bagnai, sottolineando che mentre lui non intende rinunciare a nessuna delle sue posizioni accademiche di critica alla moneta unica, la realtà politica è un’altra questione. “Dire che l’euro sia una buona idea è come dire che la terra è piatta, ma poi c’è la responsabilità politica”, dice.

“Noi siamo politicamente responsabili e questo significa non imporre una agenda accademica a una maggioranza parlamentare, questo è un punto cruciale che deve essere capito”.

La Lega ha firmato un contratto di governo con il Movimento 5 Stelle e nel loro programma comune, scritto dopo settimane di negoziati, non si fa riferimento alla questione della permanenza dell’Italia nell’area euro. Tuttavia i mercati restano nervosi e i titoli Btp italiani sono stati colpiti a più riprese dagli ordini di vendita.

Lo Spread con i tassi omologhi dei Bund decennali si è allargato anche oltre i 300 punti base dopo che a fine maggio si è aperta una crisi istituzionale in seguito al veto imposto da Sergio Mattarella al nome di Paolo Savona, un altro professore che aveva espresso idee anti euro. Un altro professore dalle teorie controverse, Claudio Borghi, della Lega, è stato nominato presidente della Commissione Finanze alla Camera. È anche il padre della proposta dei mini-Bot, una sorta di moneta parallela che – questa sì – è stata inserita nell’agenda del contratto di governo, innervosendo i mercati.

Ritorno al periodo pre-Maastricht

Entrambi i partiti hanno dimostrato un certo euroscetticismo in passato e l’agenda politica ed economica comprende massicci tagli alle tasse e una spinta alla spesa per il welfare che potrebbe potenzialmente far crescere il deficit pubblico e il debito italiano, spingendo l’Italia a scontrarsi con le autorità europee.

Se da un lato il M5s ha accantonato la sua retorica anti euro nel corso dell’ultimo anno, il manifesto elettorale della Lega ha invocato un ritorno a una situazione “pre-Maastricht”, che altro non è che il trattato che ha fatto da apripista all’introduzione ed entrata in vigore dell’euro.

“Non è nel nostro programma comune di governo perché il M5s non lo voleva e la maggior parte degli italiani non lo vogliono. Noi abbiamo avuto il 17% e il M5s il 33%. Fine della storia”, ha detto Bagnai nel suo ufficio al Senato.

Il senatore dice che la Lega, la cui base elettorale è tra le piccole e medie imprese del Nord, è “intrinsicamente a favore delle imprese e del mercato”, aggiungendo di essere fiducioso del fatto che i mercati avranno un atteggiamento più favorevole quando il governo inizierà ad attuare le sue politiche.

Nell’intervista Bagnai precisa inoltre che la coalizione attuerà il programma “con gradualità, in un orizzonte di 5 anni”, per salvaguardare i conti pubblici, e se la crescita mantenesse il passo potrebbero perfino essere confermati gli obiettivi di riduzione del deficit che aveva fissato il precedente governo di centro-sinistra.

Sono tutte dichiarazioni che avrebbero dovuto soddisfare i mercati. E invece oggi l’apertura è ancora in calo, più per via dei timori esterni legati alla guerra commerciale e alla crisi dei migranti, che rischia di aprire uno squarcio nella coalizione di governo in Germania, che alla situazione italiana.

Poi c’è da dire che Bagnai ha anche assicurato che l’Italia non intende stare a guardare e che vuole dare battaglia per cambiare le regole Ue sui bilanci per consentire un maggiore ricorso agli investimenti pubblici. Rispetto al passato il governo della terza forza economica dell’Eurozona intende tenere un approccio più aggressivo nei negoziati in UE.

“La Germania e la Francia meritano il nostro rispetto perché in Europa hanno difeso i loro interessi e questo è giusto”, dice, enfatizzando con la voce la parola finale della frase.

Togliere gli investimenti dal calcolo della spesa nei deficit pubblici dei Paesi dell’area, porterebbe a una crescita più equilibrata e meno guidata dall’export in Germania ed è anche nell’interesse dell’intera eurozona, dice Bagnai.

“I mercati sono nervosi perché non siamo ancora stati messi alla prova”, spiega. “La gente parla sempre del deficit ma non di quello che vogliamo fare per contrastare l’evasione fiscale, la corruzione e per semplificare la burocrazia”.