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Giudici bocciano bando anti migranti di Trump

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SAN FRANCISCO (WSI) – La Corte d’Appello federale di San Francisco ha negato il ripristino del bando anti migranti del presidente Donald Trump che vieta l’ingresso nel territorio degli Stati Uniti d’America a rifugiati e cittadini di sette Paesi di matrice islamica, Iran, Iraq, Siria, Sudan, Somalia, Libia e Yemen.

La sentenza conferma la decisione presa dal giudice federale di Seattle James Robart che aveva sospeso l’ordine esecutivo di Trump, definito dallo stesso capo della Casa Bianca via Twitter un “cosìddetto giudice” con la sua “ridicola sentenza”. Ma la decisione della Corte d’Appello non ha messo la parola fine alla vicenda visto che tutto potrebbe essere nuovamente messo in discussione dinanzi alla Corte suprema.

Un vero e proprio schiaffo alla nuova amministrazione guidata dal tycoon la cui risposta non si è fatta certo attendere. Poche ore dopo l’adozione della sentenza della Corte federale, su Twitter Trump ha inviato un messaggio di sfida.

“Ci vediamo in tribunale. La sicurezza della nostra nazione è in gioco!”

La corte d’Appello, composta da tre giudici – Michelle Friedland nominata da Barack Obama, William Camby jr nominato da Jimmy Carter e Richard Cliftom da George W. Bush – ha emesso la sentenza all’unanimità affermando che l’ordine esecutivo firmato da Trump andava ben oltre i reali poteri del presidente visto che tratta di religione, un ambito molto delicato e va a toccare il principio di libertà religiosa.

I giudici non hanno dichiarato apertamente che il bando sia a sfavore dei musulmani, e questo perché è troppo presto dare un giudizio al riguardo. Inoltre, secondo i giudici, il governo non ha fornito alcuna prova che qualsiasi soggetto proveniente da uno dei paesi citati possa essere una potenziale minaccia terroristica. Ma la loro decisione è innegabilmente un duro colpo al governo. Una decisione politica accusa Trump.

“Viviamo in un paese in cui è in gioco la sicurezza, siamo in una situazione molto, molto grave, quindi non vediamo l’ora di andare in tribunale”.