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Gheddafi: sequestro beni Italia, anche quote Fiat e Juventus

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ROMA – Quote societarie delle più importanti aziende italiane, da Unicredit alla Fiat fino a Finmeccanica ed Eni, ma anche azioni della Juve, conti correnti, titoli e perfino un bosco a Pantelleria e una Harley Davidson: la Guardia di Finanza sequestra l’oro di Gheddafi in Italia, un patrimonio che supera il miliardo e cento milioni di euro e che il rais libico aveva accumulato a partire dal 1976 investendo i soldi del petrolio nel nostro paese.

I provvedimenti di sequestro sono stati firmati dal consigliere della Corte d’Appello di Roma Domenicomassimo Miceli sulla scorta di una rogatoria internazionale emessa dal Tribunale penale internazionale dell’Aja nell’ambito del procedimento per crimini contro l’umanità aperto nei confronti dello stesso Gheddafi, di suo figlio Said Al Islam e dell’ex capo dei servizi segreti, il potentissimo Abdallah Al Senussi.

Un procedimento, quello del tribunale dell’Aja, aperto con l’obiettivo di mettere al sicuro il patrimonio di Gheddafi e del suo entourage, in modo da garantire il risarcimento alle vittime del regime. L’imputazione nei confronti del dittatore e delle persone a lui più vicine è scattata subito dopo le risoluzioni dell’Onu del febbraio e del marzo 2011, con il precipitare della situazione in Libia, recepite da due distinti regolamenti del Consiglio dell’Unione europea.

Risoluzioni che avevano consentito di ‘congelare’ i beni fino ad oggi, quando la Guardia di Finanza ha proceduto al sequestro, informando la Consob visto il coinvolgimento di società quotate in borsa.

Gli assets patrimoniali, i terreni, i conti correnti e le moto, non erano però direttamente intestati a Gheddafi: le indagini condotte dagli uomini del Nucleo di polizia tributaria di Roma della Gdf hanno infatti consentito di accertare – dopo una serie di controlli incrociati con banche dati, ministero dell’Economia e Banca d’Italia – che gli uni e gli altri facevano capo a due fondi sovrani libici.

Si tratta del Libyan Investment Autorithy (Lia) e della Lybian Arab Foreign Investment Company (Lafico), entrambi della Banca centrale libica, controllata di fatto dalla famiglia Gheddafi. Attraverso i due, il Colonnello deteneva una parte non indifferente del patrimonio azionario di società italiane di primordine: l’1,256% di Unicredit, innanzitutto, pari a 611 milioni. Ma anche lo 0,58% dell’Eni, che ‘vale’ quasi 406 milioni di euro, il 2,1% di Finmeccanica, pari a 41 milioni, l’ 1,5% della Juventus, per un valore di quasi 16 milioni.

In Fiat, invece, il Colonnello aveva lo 0,33% di Fiat Spa e di Fiat Industrial, per un valore complessivo di 53 milioni. Tutte quote sequestrate assieme ad azioni privilegiate per 622mila euro e 883mila euro di Fiat Auto e Fiat Industrial. Messa sotto chiave la parte sicuramente più consistente, i finanzieri sono andati a scovare il resto del patrimonio di Gheddafi, sequestrando tra l’altro un intero bosco a Pantelleria: 150 ettari di terreno su cui, si dice, il rais voleva costruire un villaggio turistico.

E ancora due moto, una Harley Davidson e una Yamaha, un intero piano di un palazzo in via Sardegna, in pieno centro di Roma, e diversi conti correnti. Su quello più consistente, nella filiale della Ubae Bank di Roma, c’erano 650mila euro in titoli mentre in quello aperto presso l’Abc international 98mila euro e 132mila dollari.

Soldi finiti, invece, nei conti aperti presso la Banca popolare dell’Emilia Romagna: quando sono andati a notificare i decreti di sequestro, i finanzieri si sono trovati davanti un ‘rosso’ di poco più di mille euro.