Economia

Fmi: Italia “riduca debito o sarà esposta ad attacchi speculativi”

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WASHINGTON (WSI) – Maglia nera in Europa per l’Italia la cui crescita risulta la più bassa in tutto il vecchio continente. A dirlo l’ultimo rapporto del Fondo monetario internazionale, il World Economic Outlook secondo cui l’Italia si colloca in ultima posizione nell’eurozona per la crescita troppo debole.

In particolare secondo l’istituto guidato da Christine Lagarde il Pil italiano non riuscirà ad aumentare dell’1,1% come prevede il DEF, ma rimarrà allo 0,8% nel 2017 e nel 2018, in calo rispetto allo 0,9 per cento del 2016. L’inflazione rimarrà al di sotto del 2%, la soglia Bce e in particolare si fermerà all’1,4% nel 2017 e all’1,3% nel 2018. Non vanno meglio le cose neanche per i conti pubblici con l’indebitamento netto al 2,4% del Pil nel 2017 e all’1,4% nel 2018.

Lo stock del debito pubblico in rapporto al PIL sarà pari al 132,8% nel 2017 e al 131,6% nel 2018, una revisione comunque al rialzo quella che compie l’Fmi a dispetto di quanto previsto dal governo nel DEF ( al 132,5% nel 2017 e al 131% nel 2018). Una buona notizia come sottolinea l’economista Carlo Cottarelli, direttore esecutivo per l’Italia al Fondo Monetario Internazionale, in un’intervista a Il Sole 24 Ore Radiocor Plus. Ma Cottarelli lancia comunque un monito all’Italia.

“L’Italia deve ridurre il debito pubblico per evitare di trovarsi esposta ad attacchi speculativi in caso di shock economici globali e di una stretta monetaria futura della Banca centrale europea (…) Finchè dura l’azione della Bce, i mercati internazionali rimangono in generale tranquilli, noi siamo abbastanza sicuri (…) Il problema è se e quando i tassi di interesse inizieranno a salire più rapidamente, se ci saranno shock all’economia mondiale; a quel punto dobbiamo riuscire a indirizzare il debito su un sentiero di discesa prima che questo accada”.

Prospettive più rosee per quanto riguarda il mercato del lavoro italiano: dopo l’11,7% del 2016, il tasso di disoccupazione scenderà all’11,4% nel 2017 e all’11,0% nel 2018, mentre l’Eurozona segna 9,4% e 9,1%.