Economia

Flop bad bank mette nei guai Renzi

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ROMA (WSI) – I problemi del sistema bancario italiano non sono finiti con la nascita della bad bank, un progetto stretto di comune accordo con l’Unione Europea che non è peraltro riuscito a convincere i mercati. Il premier Matteo Renzi dovrà portarsi su groppo questo fardello per mesi.

Gli investitori non sono convinti dal fatto che manchino dettagli sulle garanzie fornite sui prestiti inesigibili ce verranno cartolarizzati e venduti sul mercato. I crediti più rischiosi, inoltre, non saranno garantiti dallo Stato.

Per ravvivare i prestiti e ripulire il sistema finanziario come il mercato sperava, ci vorrà molto di più e più tempo, a partire da un processo di consolidamento del settore e in particolare da un risiko delle popolari.

Ieri il settore bancario ha perso il 2,5% circa in Borsa, dopo che è stato annunciando l’accordo sulla bad bank, che viene reputato meno convincente di quelli messi a punti in Spagna e Irlanda prima dell’entrata in vigore delle norme sul bail-in.

In realtà come spiega bene Marco Ferrando sul Sole 24 Ore più che di una banca dove far confluire le sofferenze, si tratterà di tanti veicoli di cartolarizzaione, chiamati tecnicamente special purpose vehicle, che consentiranno di convertire i crediti deteriorati in Abs (Asset backed securities), strumenti derivati obbligazionari da collocare sul mercato.

“L’incertezza nel sistema bancario italiano non se ne andrà”, ha detto a Bloomberg Emanuele Vizzini, chief investment officer di Investitori Sgr. “L’accordo potrebbe anche aiutare le banche a mettere da parte il debito problematico, ma sicuramente non risolve il problema, in particolare per gli istituti più deboli, che potrebbero aver bisogno di una ricapitalizzazione“.

I problemi gravi del settore non solo minano la reputazione del premier, mettendo in discussione la capacità di Renzi di gestire al meglio la terza economia dell’area euro, ma mettono a repentaglio una salutare attività creditizia in tutto il paese e i finanziamenti esteri in un momento in cui la ripresa da una recessione senza precedenti è ancora fiacca.

Come spiega a Wall Street Italia Carmine Evangelista, Ceo di AZ Holding, il percorso d’ora in avanti per chi opera nel mercato dei Non Performing Loans (NPL) non si presenta privo di ostacoli. Il servicer, infatti, “dovrà necessariamente essere indipendente per permettere un giudizio di operabilità da parte delle agenzie di rating che si occuperanno di fornire un punteggio sui titoli per conto della Bce“.

Per fare pulizia dei crediti problematici, “conterà molto la capacità del servicer di lavorare in maniera veloce e costruire business plan adeguati“, soprattutto in vista del sistema di garanzie che copriranno il gap, spiega l’amministratore delegato di AZ Holding. “Si tratta di una copertura che interverrà a coprire la forbice tra prezzo pagato e valore netto della sofferenza (lordo meno accantonamento) e la garanzia sarà sulla parte migliore del portafoglio”.

L’impatto sui servicer di NPL

Ciò che potrebbe accadere è che ne nelle Spv (special purpose vehicle) finiranno perimetri di sofferenze di difficile recuperabilità, come osserva Evangelista, “poiché questa parte di rischio viene scaricata sugli investitori, la capacità del servicer diventerà quindi ancora più strategica. Il servicer dovrà garantire bravura, una leva operativa forte e un costo basso in modo da influenzare positivamente la redditività della gestione”.

“Una delle chiavi sarà infatti la velocità della gestione, perché le garanzie saranno comprate dalle banche a condizioni di mercato a prezzi crescenti in base al tempo per il quale verranno usate, quindi recuperare in tre anni o in sette anni farà molta differenza poiché il peso delle garanzie aumenterà nel tempo pesando sul conto economico della banca. Il servicer dovrà quindi recuperare molto e farlo il più in fretta possibile”.

La settimana scorsa le preoccupazioni sui prestiti problematici in portafoglio hanno messo in ginocchio a Piazza Affari le banche più deboli , quando i titoli di MPS e Banco Popolare hanno perso più del 20%. Ieri l’antifona non è cambiata dopo che il ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan e il commassario Ue alla Concorrenza Margrethe Vestager hanno annunciato il raggiungimento di un’intesa sulla bad bank, dopo cinque ore consecutive di trattative tra i due e un anno di negoziati sul tema tra Ue e Italia.

Renzi ha sminuito il problema delle banche e la fragilità del sistema, sottolineando come il settore abbia dei “campioni europei”. Ma il premier non deve dormire sonni tranquilli di questi ultimi tempi. A novembre il governo ha dovuto anche affrontare un voto di fiducia al Senato sul piano di salvataggio di quattro banche regionali, CariChieti, Banca Etruria, Banca Marche e CariFerrara.

Ne è uscito vincitore ma la battaglia politica è stata molto intensa. L’opposizione ha accusato l’amministrazione Renzi di aver gestito male la vicenda, che è costata tanti soldi a obbligazionisti e risparmiatori, e di conflitto di interessi per via della presenza nel governo del ministro Maria Elena Boschi, figlia di uno degli ex dirigenti di Banca Etruria.