Economia

Ex ceo di McDonald’s: ma quale salario minimo. Meglio assumere robot

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Far impacchettare patatine fritte per 15 dollari all’ora è un’idea che all’ex ceo di McDonald’s, Ed Rensi, proprio non va giù. Sarebbe questo lo scenario per il comparto del fast food se il salario minimo, recentemente adottato dagli stati della Califonia e New York, diventasse una realtà per tutti gli Stati Uniti. “Il salario minimo di 15 dollari all’ora, che si traduce in 30mila dollari all’anno per un lavoratore a tempo pieno, si basa su un fraintendimento fondamentale del business della ristorazione, basta fare i conti matematici”, ha detto Rensi appena un mese fa, prima di apparire l’altroieri su Fox Business per spiegare esattamente cosa non funziona nell’innalzamento delle paghe orarie a quel livello. Semplice: costerebbe meno affrontare la spesa per l’acquisto di braccia robotiche.

“Ero al National Restaurant Show ieri e se si guarda ai dispositivi robotici per l’industria della ristorazione è più economico comprare un braccio robotico a 35mila dollari piuttosto che assumere un dipendente che per 15 dollari all’ora è inefficiente nell’impacchettare le patatine”. Insomma, l’idea di innalzare il salario minimo “non ha senso ed è distruttiva, inflazionalria e condurrà a perdite di posti di lavoro in questo Paese in una misura che non credereste mai”.

L’organizzazione in franchising, che caratterizza l’America molto più di Paesi come l’Italia, rende ipotesi come quelle di Rensi – prendere seriamente in considerazione l’investimento su larga scala in robot qualora venissero a costare meno delle persone in carne ed ossa – tutt’altro che semplici provocazioni. E’ lo stesso ex ceo di McDonald’s a rimarcare il concetto: “Questo non vale solo per il business dei fast food. Il franchising è il miglior modello d’affari negli Stati Uniti e dipende dalle persone che hanno poche abilità e che devono crescere. Bene, se non puoi ottenere persone a una paga ragionevole, andrai a prendere delle macchine per fare il lavoro”.