Economia

Embraco: rabbia e delusione per i 500 lavoratori a rischio licenziamento

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TORINO (WSI) – Hanno bloccato il traffico sulla statale Torino-Asti i 500 lavoratori della Embraco di Riva di Chieri in Piemonte. L’azienda del gruppo Whirlpool ha detto no alla richiesta di sospendere i 500 licenziamenti nello stabilimento di Riva di Chieri e va avanti sulla strada della delocalizzazione in Slovacchia della produzione italiana di compressori per frigoriferi.

All’incontro di ieri con il Ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, i legali della Embraco hanno negato la cassa integrazione per consentire di esaminare proposte di reindustrializzazione, chiudendo di fatto le porte a qualsiasi trattativa. Calenda è volato a Bruxelles dove incontrerà la commissaria Ue alla concorrenza Vestager a cui chiederà una deroga ai trattati per singoli casi come quello appunto della Embraco.

“Ci sono condizioni che sono strutturali, per cui alcuni Paesi in una diversa fase di sviluppo come la Polonia hanno un costo del lavoro più basso: io non potrei  fare una norma che dice che per Embraco il costo del lavoro è un x più basso, perché sarebbe un aiuto di Stato. Ma penso si possano interpretare i trattati nel senso di dire che in questo specifico caso, cioè di un’azienda che si muove verso la Slovacchia, verso la Polonia, questa normativa può essere derogata. Vedremo quale sarà la risposta della Vestager”.

Il ministro attiverà urgentemente un tavolo con Invitalia per cercare di individuare un percorso di reindustrializzazione. Ma i tempi sono strettissimi perché il 4 marzo si vota, ma soprattutto il 25 marzo finirà la procedura di mobilità e i lavoratori saranno tutti licenziati.

“L’azienda ha dimostrato totale disinteresse nei confronti delle proposte formulate dal Governo e totale irresponsabilità, in particolare nei confronti dei dipendenti di Riva di Chieri”, affermano Fiom e Uilm. Rabbia e delusione i sentimenti dei 500 operai che raccontano a Repubblica queste ore concitate.

“Siamo anche delusi, scoraggiati (…) E’ frustrante, perché c’è grande delusione. Già il lavoro è duro, ma è ancora peggio quando sai che ti manderanno via e che non esiste un posto per te in un’altra fabbrica (…) La sorte della fabbrica è già stata decisa dalla Whirlpool, dall’altra parte del mondo. Ora diventa davvero dura. Mi sa che ci siamo presi una brutta malattia: si chiama “ multinazionale”. E temo che nei prossimi mesi non saremmo gli unici ad averla”.