Economia

Elezioni, mister spending review Cottarelli sbugiarda tutti i partiti

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Le promesse dispensate durante la campagna elettorale, specie in Italia, sono da prendere con le dovute distanze. Una volta chiusi i seggi e contati i voti dopo la chiamata alle urne del 4 marzo, tutto potrebbe cambiare molto in fretta per i principali partiti. A maggior ragione tenuto conto della probabilità che l’esito del voto offra all’Italia un parlamento ingovernabile.

“I partiti politici stanno promettendo molto, il problema è che molto spesso non viene detto come queste proposte saranno coperte”, denuncia l’ex capo della task force incaricata di studiare una spending review realistica per l’Italia, Carlo Cottarelli. La settimana scorsa Silvio Berlusconi ha fatto sapere che l’ex funzionario dell’FMI potrebbe far parte della squadra di governo del centro destra, se la coalizione di Forza Italia, Lega Nord e Fratelli d’Italia avesse i numeri per formare un esecutivo.

Tuttavia Cottarelli non ha dato la sua disponibilità e a giudicare dall’analisi condotta dall’Osservatorio sui conti statali delle Cattolica da lui presieduto, si capiscono i motivi. Secondo lo studio, le promesse dei partiti in campagna elettorale farebbero decollare il debito pubblico, mettendo a rischio il bilancio dello Stato.

Promesse elettorali: nessuno ha indicato le coperture

In merito alla flat tax proposta dal centro destra Cottarelli dice proprio chiaro e tondo che non si sa dove verranno trovate le risorse: “La copertura va trovata in un quadro complessivo che porti alla riduzione del deficit e del debito pubblico del Paese”. E numeri alla mano spiega: in cinque anni, a fine legislatura, le risorse necessarie per far fronte alla promesse fatte dal partito guidato da Silvio Berlusconi (oltre alla flat tax, reddito di dignità, bollo auto ecc…) costano 136,2 miliardi mentre le risorse individuate si fermano a 82,4. Risultato: mancano all’appello quasi 54 miliardi, che se non saranno coperti, andranno a rimpinguare il deficit e il debito salirà al 135,8% del Pil smentendo l’obiettivo del 112,8%.

Per quanto riguarda il superamento del limite del 3% nel rapporto fra deficit e Pil, come sostiene il Movimento Cinque Stelle? “È un errore – dice Cottarelli – bisogna puntare al pareggio di bilancio”. Il debito dovrebbe diminuire di 40 punti in dieci anni, cioè al 91,6% del Pil nel 2028. Con un deficit al 3%, “per raggiungere l’obiettivo di abbattere il debito di 40 punti ci vorrebbe una crescita nominale (inflazione compresa) nella media dei prossimi 10 anni. Obiettivo piuttosto difficile da centrare, tanto più che i 5 Stelle, promettono circa 103, 4 miliardi di misure e deve reperire ancora 64,2 miliardi di copertura della sua tabella di marcia”.

Anche il Pd ha problemi che passano tra l’intenzione di ridurre il debito e quella di fare nuove spese. Il programma – secondo i calcoli di Cottarelli – costa (tra bonus figli, povertà, investimenti, cuneo fiscale e atro) circa 38 miliardi per i quali “non sono previste coperture sufficientemente definite”.

La priorità dovrebbe essere quella di abbattere il debito pubblico

Cottarelli poi sottolinea che in tempi di campagna elettorale sarebbe doveroso, proporre delle soluzioni per abbattere il debito pubblico. “E invece no – dice Cottarelli – in questa campagna elettorale non si parla abbastanza di come eliminare il macigno, semmai si fanno proposte per renderlo più grosso. Perché si parla di aumenti di spesa o di tagli di tasse finanziati in deficit”. Cottarelli ha elencato i rischi che si corrono con un debito così alto, che ha oltrepassato la soglia del 130% rispetto al Pil.

Con una soglia così alta, avverte Cottarelli, ci sono tre possibili pericoli: “C’è il rischio di attacchi speculativi”, soprattutto se si diffonde l’idea che il Governo possa impugnare il debito e dichiarare la bancarotta, come stava per fare nel 2012. “Inoltre un debito pubblico così elevato non fa crescere l’economia, soprattutto nel medio periodo”, spiega Cottarelli. E poi c’è un altro problema: un Paese con un debito così alto non può indebitarsi ulteriormente quando serve davvero, come durante la crisi economica del 2009.

Una nuova spending review per pareggio di bilancio

L’economia italiana nonostante tutto sta crescendo ed è bene approfittare per ridurre la spesa e il debito, piuttosto che per abbassare il carico fiscale. È questo il momento propizio per intervenire al fine di conseguire il pareggio di bilancio. “Chi ci governa” dovrebbe cercare di contenere la spesa per tre anni per raggiungere il pareggio di bilancio. E poi se si volessero ridurre le tasse, allora basterebbe “tagliare ulteriormente la spesa”.

Dove si potrebbe tagliare allora? “Ci sono tante cose da fare: bisogna affrontare la questione dell’organizzazione dello Stato, la spesa di gestione delle pubbliche amministrazioni, ma anche degli enti territoriali. Quanti comuni ci sono in Italia, quante Prefetture, quante forze di polizia? La guardia forestale è stata fusa con i carabinieri ma il risparmio è stato zero. Perché si fanno certe cose se non c’è il risparmio? Il tema più grosso sono le pensioni: la questione è se si debba in qualche modo ricalcolare il loro livello, ovviamente al di sopra di una certa soglia di reddito”.