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Draghi: super euro colpa di Trump, crea incertezze

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Il super euro è il protagonista della prima riunione dell’anno della Bce durante la quale i tassi sono rimasti tutti invariati e la politica monetaria è rimasta invariata. Mario Draghi è preoccupato dall’oscillazione dei tassi di cambio e si dice pronto ad aumentare portata e durata del QE se le condizioni dovessero peggiorare. La volatilità dell’euro, fa sapere il presidente della Bce, crea incertezze. I rischi al ribasso vengono principalmente da fattori globali e dai mercati valutari. Per la Bce, insomma, “non è ancora tempo di dichiarare vittoria”.

I timori di una guerra commerciale a tutto campo stanno mettendo sotto intensa pressione il dollaro Usa. Tanto che lo stesso Draghi ha mandato una frecciata in direzione dell’amministrazione Trump, rea di aver manipolato il dollaro. Il Segretario del Tesoro e del Commercio Usa, Steve Mnuchin e Wilbur Ross, hanno detto di accogliere con favore la debolezza del dollaro e di essere pronti a una guerra commerciale mondiale.

“Le dichiarazioni di qualcun altro sul Forex non rispettano i termini concordati”, ha detto Draghi facendo capire che il super euro non è dovuto tanto ai fondamentali quanto piuttosto “ai commenti di qualcun altro”. Quello di Draghi è un attacco (e un’ingerenza nelle politiche nazionali altrui) senza precedenti. Come ha dichiarato Citigroup “è raro che un banchiere centrale del calibro di Draghi alzi la voce in questo modo per criticare le politiche e pratiche commerciali e nei tassi di cambio di un altro paese”.

Super euro potrebbe rovinare i piani di Draghi

L’euro forte potrebbe rovinare i piani della Bce, che sembrava intenzionata a cambiare la forward guidance e accelerare il processo di normalizzazione di politica monetaria dopo anni di misure ultra accomodanti. A dirlo è l’agenzia di rating Standard & Poor’s, la quale sostiene che il compito della Bce di favorire un’accelerazione dell’inflazione verso l’obiettivo di un valore vicino al 2%, ora diventa più difficile. Con un tasso di cambio in rialzo e l’euro sopra 1,25 dollari, i beni importati costano meno e questo pesa sulle dinamiche di prezzo dell’Eurozona. Sul Forex l’euro scambia sui massimi da quando Mario Draghi ha annunciato il varo del programma di alleggerimento quantitativo QE (era la fine del 2014) e vale il 18% in più rispetto ai minimi di un anno fa.

Le attese di mercato sono per un rialzo dei tassi di interesse a inizio 2019 e per qualcuno persino a fine 2018: per gli analisti sono probabilmente troppo in anticipo rispetto anche a quello che anche i membri più falchi del board della Bce ritengono sia più corretto. La Bce ha confermato che i tassi resteranno sui minimi storici “ben oltre l’orizzonte temporale” del Quantitative Easing.

“Se l’euro fosse rimasto sui livelli di inizio 2016, anziché iniziare a rafforzarsi dalla seconda parte del 2017 – fa notare l’analista dell’agenzia di rating Marion Amiot in un report – l’inflazione sarebbe dello 0,7% più alta di quanto non lo sia ora (1,4% a dicembre)”. Significa che i prezzi al consumo si troverebbero non lontani dal target desiderato da Draghi e colleghi.

Secondo Julien-Pierre Nouen, Chief Economic Strategist di Lazard Frères Gestion, “Il rafforzamento dell’euro è stato riconosciuto da Mario Draghi che ha citato la volatilità nei tassi di cambio all’inizio della dichiarazione introduttiva, senza però insistere ulteriormente su questo trend. L’interrogativo circa la strategia post settembre non ha ancora ricevuto risposta”.

“A marzo, la pubblicazione delle previsioni relative al nuovo staff potrebbe dare alla BCE l’opportunità di annunciare alcune revisioni della forward guidance, fornendo magari delle indicazioni in merito ai possibili sviluppi successivi al mese di settembre. Poiché l’espansione economica attualmente in atto nell’Eurozona è ampiamente in grado di auto sostenersi, non prevediamo che una modifica graduale della politica monetaria possa esercitare un impatto di rilievo sulla crescita.”