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Deutsche Bank, guerra a Bce: “Ci sta annientando”

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NEW YORK (WSI) – Il colosso bancario europeo che con un suo eventuale crollo rischia di scatenare un domino nel settore ha dichiarato guerra alla Bce già dieci giorni fa. Siamo giunti a un punto di tensione tale che Deutsche Bank, la prima banca d’Europa, ha sfidato le politiche della banca centrale chiedendo uno stop alle misure di espansione monetaria.

Quando i titoli Deutsche Bank stavano salendo del 10%, evento più unico che raro in un 2016 che non ha riservato che amarezze per gli azionisti e investitori nella banca tedesca, l’istituto di credito ha avvertito Mario Draghi che un qualsiasi nuovo piano straordinario di allentamento – anche solo un accenno – non avrebbe fatto altro che spingere ulteriormente al ribasso i suoi prezzi di Borsa.

Tassi negativi e misure ultra accomodanti in Giappone ed Europa incoraggiano infatti gli investitori a cercare di ridurre al minimo l’esposizione alle banche in Borsa, facendo invece man bassa di titoli bond sicuri, prima che rendano ancora meno.

Mentre la Banca del Giappone ha imposto tassi negativi sorprendendo tutti la settimana scorsa, la Banca d’Inghilterra non ha nessuna fretta di imporre strette monetarie. Tra un mese poi la Bce potenzierà con ogni probabilità il suo programma di Quantitative Easing, abbassando ulteriormente i tassi sui depositi interbancari che si trovano al -0,3%.

Deutsche Bank: i flussi di denaro in uscita dalle Borse e in entrata nei Bond

“Basta droghe monetarie, ci state annientando”

Di solito tassi negativi e politiche accomodanti sono sinonimo di rialzi per gli asset più rischiosi in Borsa, ma ultimamente l’impatto è stato l’opposto di quello desiderato. Un ulteriore round di misure di allentamento monetario in Giappone ed Europa non farà altro che incoraggiare un’esposizione maggiore al reddito fisso, a discapito dei titoli di Borsa. E in un contesto di tassi zero è fisiologico che le banche siano tra le società quotate più penalizzate, perché ne risentiranno in termini di redditività.

  • Il calo dei rendimenti dei bond è stato associato con un flusso di denaro in entrata nei mercati obbligazionari e in uscita dall’azionario. L’esposizione maggiore al reddito fisso esiste da quando la Federal Reserve ha avviato i primi piani di Quantitative Easing. I tassi zero dovunque non faranno che alimentare questo fenomeno e aumentare l’appeal dei bond.
  • Le misure prese o che intraprenderanno la Banca del Giappone e la Bce, mentre la Fed rimane in pausa, rischiano di accelerare al rialzo il ciclo del dollaro, schiacciando ulteriormente i prezzi del petrolio e aggravando la situazione creditizia delle aziende attive nel settore dei metalli, minerario ed energetico.
  • Il fatto che la Bce abbia iniziato ad adottare una politica di tassi negativi a metà 2014, che ha dato il via al balzo del dollaro e al collasso dei prezzi del greggio, ha rappresentato l’inizio di un’era di capitali in fuga dagli asset ad alto rendimento. I rischi al ribasso per il petrolio sono in qualche modo attenuati dal fatto che sembrano già scontare il rafforzamento a breve del dollaro.
  • L’allentamento monetario asincrono di Bce e Banca del Giappone, per i suoi effetti su yuan e dollaro (il biglietto verde si rafforzerà) aumenta il rischio di una svalutazione disordinata della valuta in Cina. Il pericolo di un ulteriore calo dello yen è attenuato dal fatto che è già molto economico (-29%) ma c’è ancora spazio per una ulteriore discesa dell’euro.

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Banche in trappola

Da quando è stato introdotta la normativa sui bail-in i titoli bancari sono stati presi di mira in Borsa. Il timore maggiore, accentuato dalle ultime trimestrali, degli analisti è che Deutsche Bank e altre big del settore come Credit Suisse non saranno in grado di reperire capitale a sufficienza e non riusciranno così a ripagare tutti i bond emessi.

Se Draghi riuscirà ancora una volta a isolare Jens Weidmann della Bundesbank e imporrà effettivamente un tasso sui depositi interbancari del -0,4%, Deutsche Bank, una banca i cui Cds, i contratti per assicurarsi contro un default, sono saliti a livelli record negli ultimi giorni (vedi grafico sopra), rischia di fare la fine di Lehman Brothers.

Sarebbe molto grave e metterebbe in ginocchio l’area euro, ma analizzando il quadro nel suo insieme e con un raggio temporale più ampio, pensandoci bene in fondo si tratterebbe solamente dell’ultimo episodio in ordine di tempo della saga dei piani di salvataggio di un settore bancario da riformare al più presto.